Remington evita la bancarotta
L'annuncio è arrivato ieri dopo una tesa settimana di discussioni coi creditori: la Remington Outdoor Company ha annunciato di aver raggiunto un accordo per la procedura di fallimento concordato ("Chapter 11") che consentirà all'azienda di evitare la bancarotta totale e restare dunque sul mercato
Ne parlano media importanti come Reuters, CNN, Bloomberg, Fortune, nonché testate specialistiche come The Truth About Guns: dopo giorni di trattative seguiti alla fuga di notizie di circa una settimana fa, ieri la Remington Outdoor Company ha annunciato di aver raggiunto un accordo coi suoi creditori per una procedura di fallimento controllato.
Nello specifico si parla del famoso "Chapter 11" (Articolo 11), dello United States Bankruptcy Code. Questa norma della legge americana sui fallimenti societari consente alle aziende di intraprendere una procedura di ristrutturazione concordata del proprio debito verso i creditori senza dover dichiarare completamente bancarotta e poter dunque restare sul mercato.
Stando a quanto dichiarato dall'azienda, l'accordo raggiunto coi creditori consentirà a Remington di proseguire le sue attività senza interruzioni, di ridurre il suo debito di circa 700 milioni di dollari e di acquisirne 145 milioni da pompare nelle sue controllate – tra queste Bushmaster, DPMS - Panther Arms, AAC, Marlin, Parker, Harrington & Richardson, Barnes, Nesika, Storm Lake, Dakota Arms, TAPCO e Timbersmith.
Le operazioni di ristrutturazione aziendale dovrebbero durare fino al 2020; al termine delle stesse, il gruppo d'investimenti Cerberus Capital Management L.P. – proprietario della Remington Outdoor Company – cederà ai creditori il controllo dell'azienda.
I problemi della Remington hanno radici antiche: la gestione del gruppo Cerberus ha portato alla guida della compagnia dirigenti con scarsa esperienza del settore armiero, e la qualità dei prodotti ne ha sofferto.
La spinta verso l'innovazione è stata scarsa fino al 2014 circa, e dopo la sparatoria presso la scuola elementare Sandy Hook del dicembre 2012, l'azienda ha dovuto affrontare una – pretestuosa e infondata – causa giudiziaria intentata da gruppi antiarmi in quanto Remington controlla Bushmaster, produttrice dell'arma d'impostazione AR-15 usata dal giovane assassino responsabile della carneficina.
Alcuni analisti attribuiscono le difficoltà attraversate dalla Remington al cosiddetto "Trump Slump", ovvero alla riduzione di vendite di armi causata dall'elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti.
Tale fenomeno però è vero solo in parte – come dimostrato dalle vendite record registrate negli USA nel Black Friday del 2017 – e la riduzione delle vendite di certi tipi di armi è da considerarsi fisiologica, legata al fatto che durante l'amministrazione Obama e sotto le elezioni vi era il costante rischio dell'imposizione da parte dei democratici di restrizioni legali alla vendita e al possesso di armi.
L'elezione di Donald Trump ha dissipato tali timori, portando il mercato a virare su altri prodotti tra cui le armi da porto occulto e difesa personale.
Questo significa che, oltre ad investire in comunicazione, Remington dovrà focalizzarsi sull'innovazione per riguadagnare Appeal nei confronti di un mercato che sta cambiando orientamento pur continuando a restare vivo e vitale.
In alternativa, l'azienda potrebbe puntare sull'Export: in Europa, in particolare, si sta vivendo una fase di maggiore interesse del pubblico generale nell'acquisto di armi – interesse frustrato dalle leggi restrittive in vigore nel Vecchio Continente. Ma per fare ciò, l'azienda e in generale il comparto armiero americano dovrebbero iniziare a sostenere le organizzazioni e i movimenti per il diritto alle armi anche in Europa oltre che nei soli Stati Uniti.