Firearms United chiama TUTTI all'azione!
Alcuni recenti e preoccupanti sviluppi relativi alla Direttiva UE sulle armi hanno spinto oggi la rete di Firearms United a chiamare di nuovo la nostra comunità all'azione: vediamo cos'è accaduto e perché è necessario mobilitarsi tutti subito!
Ancora nuvole all'orizzonte
Da un'istituzione come la Commissione Europea, che in passato ha già dato prova di perseguire i suoi intenti a prescindere di come gira il mondo attorno alla sua torre d'avorio, non ci si poteva aspettare una diversa reazione alla conferenza tenuta il 16 novembre dalla rete di Firearms United.
E del resto le avvisaglie c'erano tutte: il giorno stesso la Commissione Europea aveva emanato un comunicato in cui chiariva le sue intenzioni sulle armi da fuoco; e il 23 novembre, in occasione di un discorso all'Assemblée Nationale francese, il nuovo Commissario Europeo per l'Unione della Sicurezza Julian King ha dichiarato:
Siamo bloccati all'Europarlamento con un testo che manterrebbe in mano ai civili alcune delle armi semi-automatiche più pericolose (cloni AR-15 e AK).
Abbiamo bisogno del vostro aiuto per convincere i vostri colleghi europarlamentari a metterle al bando!
(Julian King)
Fatto sta che il giorno 24 novembre, la rete di Firearms United ha ricevuto informazioni riservate, molto affidabili, secondo cui la Commissione Europea starebbe pressando il Parlamento Europeo per arrivare ad una conclusione entro la fine dell'anno tramite un accordo sulla posizione del Consiglio dell'Unione Europea al trilogo.
Poiché molti dei più importanti Stati membri sono d'accordo su diversi punti (tra gli sponsor nazionali si parla dei governi di Francia, Germania e Italia), esiste il rischio che il Parlamento Europeo possa cedere; la proposta potrebbe essere portata di fronte al comitato IMCO già il prossimo martedì 29 novembre.
Che cosa si rischia?
La posizione del Consiglio dell'Unione Europea non prevede la messa al bando di tutte le armi di Categoria B7, ma comunque presenta ancora molti punti critici:
- Messa al bando totale delle armi demilitarizzate, ovvero di quelle armi a raffica convertite permanentemente al funzionamento semi-automatico per il mercato civile
- Messa al bando dei caricatori fissi e amovibili di capacità superiore ai 20 colpi, sia per armi lunghe che per armi corte, e divieto del loro uso, con generiche "eccezioni per i tiratori sportivi"
- Obbligo di scadenza a 5 anni di tutte le licenze d'armi e imposizione dall'Unione Europea dei canoni psicofisici da rispettare per il rilascio e il rinnovo degli stessi
Inoltre, se il Parlamento Europeo fosse messo alle strette, potrebbe trovarsi costretto ad accettare anche le condizioni della Commissione:
- Messa al bando di tutte le armi di Categoria B7 o comunque di tutte le varianti del sistema AR-15 e AK-47
- Messa al bando di tutti i caricatori fissi e amovibili di capacità superiore ai 10 colpi, con obbligo di licenza per il loro acquisto
- Poche o nessuna eccezione anche per i tiratori sportivi o i collezionisti
Perché questa reazione?
Secondo l'intelligence di Firearms United, sono diversi i motivi per cui la Commissione Europea starebbe reagendo in questa maniera isterica.
Da un lato, ci sarebbe il terrore per quanto emerso in occasione della conferenza del 16 novembre. La Commissione avrebbe compreso che il mondo degli appassionati d'armi è coeso, e che la rete di Firearms United rischia seriamente di diventare l'NRA europea.
Ed è evidente che questo non possono permetterlo, perché non vogliono che in Europa si creino le condizioni presenti negli USA, ove i possessori d'armi organizzati possono bloccare sul nascere qualsiasi tentativo di imposizione di restrizioni arbitrarie.
In più, la Commissione Europea si è accorta che la rete di Firearms United è in grado di smontare pezzo per pezzo le argomentazioni con cui sostiene la necessità delle restrizioni. Una sconfitta contro la "lobby delle armi" dunque minerebbe la credibilità della Commissione Europea – o quel che ne rimane.
Infine, c'è la questione degli attori esterni che stanno ispirando o sostenendo l'azione della Commissione.
Tra questi ci sarebbero i governi di almeno tre grandi Stati membri (Francia, Germania, Italia), e di alcuni altri, tra cui probabilmente il Regno Unito. Inoltre si deve tener conto dell'azione delle organizzazioni non-governative di stampo anti-armi, che operano con il sostegno di finanziatori disposti a spendere milioni di Euro pur di portare a termine i loro piani disarmisti.
Insomma, quello che sta accadendo in questi giorni ha il sapore di un ultimo disperato tentativo da parte di un fronte disarmista messo alle strette; ma proprio per questo si tratta forse del tentativo più pericoloso da quando il dossier è stato portato all'attenzione dell'Europarlamento.
È dunque chiaro che bisogna fermarlo a tutti i costi.
Che cosa possiamo fare?
Firearms United invita dunque tutti i suoi sostenitori, tutti gli appassionati d'armi d'Europa e chiunque abbia a cuore la materia – compresi gli operatori del settore, dai produttori ai distributori ai rivenditori – a rafforzare la posizione degli europarlamentari che stanno dalla nostra parte con una nuova campagna di E-Mail da inviarsi ai Membri del Parlamento Europeo.
Sebbene essi abbiano apparentemente già le idee abbastanza chiare dopo la conferenza, le E-Mail avranno l'effetto di fornire loro, di fatto, delle pezze giustificative con cui rafforzare la loro posizione di rifiuto. Per questo le E-Mail da inviare devono essere pacate, cortesi, ma molto chiare. E devono essere scritte, come al solito, in maniera personale, senza copia-e-incolla, che è controproducente perché da l'idea dei possessori d'armi come di persone incapaci di ragionare con la loro testa, oltre al fatto che migliaia di E-Mail tutte uguali sarebbero bloccate dai filtri antispam.
Al riguardo, Firearms United ha fornito alcuni spunti importanti su cui basare le vostre Mail, che devono essere fatte pervenire agli europarlamentari entro lunedì o martedì mattina al massimo.
Firearms United chiede ai suoi follower di citare la conferenza del 16 novembre, e di scrivere chiaramente che i possessori d'armi europei sono fermi su
- Nessuna restrizione su nessun tipo di arma da fuoco; né B7, né demilitarizzate, né nessun altra
- Nessuna restrizione sui caricatori, fissi o amovibili, non importa quali "eccezioni" siano previste
- Nessun obbligo da parte dell'Unione Europea sulle scadenze dei porti d'arma o sui canoni psicofisici da adottare per il rilascio e il rinnovo degli stessi – materie su cui dovrebbero essere i singoli Stati membri a legiferare
I politici sono abituati a trovare dei compromessi, soprattutto in Europa. Potete dunque chiedere questo agli europarlamentari:
Se vostro figlio o vostra figlia fossero oggetto di bullismo a scuola, quale sarebbe il "livello accettabile" di abuso che dovrebbero accettare di subire come "compromesso"?
Rendetegli insomma chiaro che le armi civili provenienti dal mercato legittimo non sono utilizzate dai criminali o dai terroristi, come dimostra anche la ricerca di Erik Lakomaa presentata in occasione della conferenza del 16 novembre, e che dunque qualsiasi restrizione sarebbe un abuso nei confronti dei cittadini onesti.
Su questi punti, la comunità dei possessori d'armi non è disposta a cedere e non accetterà compromessi, e non consentirà a nessun politico, a livello europeo o nazionale, di parlare per loro al riguardo.
Se tali punti critici saranno rigettati, per quanto ci riguarda, il dossier potrà chiudersi anche domani.
- Armi demilitarizzate
A prescindere dalle farneticazioni sui "Fondi di magazzino israeliani e russi" che hanno reso ridicolo Alain Alexis nel corso della conferenza, la verità è che gli standard di demilitarizzazione attualmente vigenti rendono impossibile la facile riconversione al funzionamento a raffica delle armi demilitarizzate. Inoltre le armi demilitarizzate sono le uniche che molti tiratori possono permettersi in alcuni Paesi a basso reddito, e sul loro mercato civile si basa l'attività di centinaia di imprese che chiuderebbero in tutt'Europa se le restrizioni dovessero passare.
Al riguardo potete citare l'Impact Assessment presentato da Katja Triebel per Firearms United nel corso della conferenza, e inviare agli europarlamentari l'efficacissimo sunto di poche pagine dello stesso documento.
- Divieto d'uso delle armi da fuoco quando vi è inserito un caricatore di capacità superiore ai 20 colpi
È una cosa semplicemente ridicola, come dover modificare il libretto di circolazione dell'auto ogni volta che si montano le gomme invernali.
La proposta "esenzione per tiratori civili e collezionisti" ha ancora meno senso: perché imporre queste restrizioni quando alla fine il 95% dei possessori d'armi ricade in queste categorie? Sappiamo bene perché: perché gli Stati membri le interpreteranno in maniera restrittiva, evitando di concedere le eccezioni. E questo è inaccettabile.
Inoltre, la maggior parte dei tiratori non può permettersi di partecipare alle costosissime competizioni ufficiali, ma desidera poter continuare a praticare il tiro ricreativo con qualsiasi tipo di arma e di caricatore.
- Messa al bando dei caricatori di capacità superiore ai 20 colpi
Il numero di caricatori di capacità superiore ai 20 colpi attualmente in circolazione in Europa è sconosciuto: impossibile tracciarli tutti, anche data l'intercambiabilità delle parti che rende impossibile la limitazione irreversibile.
Assurdo accettare l'idea della Commissione (ritiro del porto d'armi a chiunque possieda caricatori di capacità superiore ai 20 colpi), e assurdo imporre limitazioni a cose che possono essere realizzate con una stampante 3D (come appunto i caricatori) o che si possono utilizzare per anni ed anni perché non si consumano o comunque possono essere ripristinati usando componenti intercambiabili.
- Canoni medici obbligatori per il rilascio e il rinnovo del porto d'armi
Non c'è motivo di imporre dall'alto tali canoni, che dovrebbero essere lasciati alla libertà degli Stati membri.
In molti Stati, tali visite mediche non esistono perché si configurerebbero come discriminazione di Stato (perché i possessori d'armi si e chi guida no?); inoltre, nessuno ha mai chiesto controlli medici regolari per i possessori di lame o veicoli a motore dopo gli attacchi in Germania e a Nizza.
D'altra parte, in altri Paesi come l'Italia, tali controlli esistono in base a canoni scelti dallo Stato membro, e funzionano perfettamente. Non c'è dunque bisogno di aggiungere alcunché o di dare la possibilità ai governi degli Stati Membri di usare qualsiasi scusa per imporre limitazioni ulteriori.
- Possibile uscita della Svizzera dall'Area Schengen
La Svizzera è il Paese del continente Europeo con la più alta densità di possesso d'armi in proporzione al numero di abitanti, e in ogni famiglia ov'è presente un membro maschio dai 18 ai 30 anni d'età circa è presente ALMENO un fucile d'assalto (a raffica), fornito dallo Stato, che alla fine del servizio militare può essere convertito all'impiego semi-automatico e mantenuto.
La Svizzera è anche uno dei Paesi d'Europa col più basso tasso d'omicidi, e i cittadini svizzeri hanno detto molto chiaramente che se qualsiasi restrizione dovesse passare, essi NON l'accetteranno e terranno un referendum per uscire dall'area Schengen pur di non essere costretti a recepirle.
- La visione distorta del mondo della Commissione Europea, e il voto dei possessori d'armi
Non una sola volta la Commissione Europea è riuscita a dimostrare che esiste un nesso tra le armi detenute legittimamente e la criminalità o il terrorismo... perché non esiste.
Come provato da molte fonti di stampa e come scritto da Firearms United già subito dopo gli attacchi di Parigi del gennaio 2016, le armi usate dai terroristi e dai criminali sono armi a raffica importate direttamente dai Balcani. E questo è vero per tutti gli attacchi avvenuti in Europa: da Charlie Hebdo al Bataclan, dagli attacchi sui treni a Copenhagen e in Francia, da Monaco al recente assalto ad una casa di riposo per monaci nel sud della Francia, sono sempre state usate armi di provenienza illecita.
Dev'essere chiaro che i possessori d'armi si ricorderanno chi li ha protetti, e che se qualsiasi restrizione dovesse passare, ci sarà un massiccio riversamento di voti verso partiti anti-UE – si avrà insomma un effetto Trump in Europa.
Firearms United chiede di contattare per E-Mail, assolutamente entro lunedì o martedì al massimo, quanti più europarlamentari possibile dando la precedenza ai membri del comitato IMCO, per poi proseguire con tutti gli europarlamentari eletti nel proprio Paese e, se possibile, inviare un'E-Mail a tutti gli europarlamentari in generale, a prescindere dalla nazionalità e dalla collocazione politica, visto che prima o poi si dovrà arrivare ad un voto al plenum.
Anche per gli europarlamentari favorevoli alle restrizioni si tratterà di un ulteriore chiarissimo messaggio sull'aria che tira.
A chi potesse, Firearms United suggerisce inoltre di telefonare agli europarlamentari e cercare di parlarci di persona, in modo da intavolare un contatto diretto che possa avere più impatto rispetto ad una normale E-Mail. I numeri di telefono degli europarlamentari sono disponibili sul sito del Parlamento Europeo.
E l'industria dov'è?
Come già per la conferenza del 16 novembre, si deve registrare ancora il silenzio degli operatori economici del settore, proprio nel momento del bisogno.
Se da un lato ormai siamo abituati a tutto ciò, dall'altro i produttori, gli importatori, i distributori e i rivenditori d'armi dovrebbero preccuparsi del fatto che, in base alle reazioni degli appassionati d'armi che la rete di Firearms United sta registrando, il comparto industriale sta sempre più guadagnandosi la fama di sostenitore "mascherato" delle restrizioni. E questo non può far bene agli affari.
Quantomeno ci si aspetterebbe che gli operatori industriali e commerciali del settore chiedano conto ai governi dei rispettivi Stati membri della loro posizione al Consiglio. Ne avrebbero in effetti ben d'onde, data la confusione che regna in quel di Bruxelles, dove apertamente tra i rappresentanti degli Stati membri che spingono in favore delle restrizioni ci sarebbero funzionari che stanno ampiamente eccedendo il mandato dato loro dai rispettivi governi.
Giocando a scaricabarile e coperti dalla densa nebbia della politica dei palazzi dell'UE, ci sono funzionari dalle idee disarmiste che stanno sostenendo le posizioni della Commissione finendo per "inguaiare" i governi dei rispettivi Paesi.
In altri casi, invece, essi agiscono dietro mandato diretto dei governi, che giocano il ruolo del Giano Bifronte: mentre ufficialmente dichiarano agli Stakeholders di non volere ulteriori restrizioni, in realtà sperano che passino a livello europeo in modo da poterle imporre con la solita scusa del "Ce lo chiede l'Europa", perché sanno che a livello nazionale non riuscirebbero a far passare a tali restrizioni lo scoglio della democrazia.
È possibile che all'industria ciò non importi?
Come andrà a finire?
Difficile prevederlo, dato il numero di variabili in gioco. Di certo la Commissione Europea e i disarmisti sono disperati, hanno paura di perdere la battaglia e con essa di perdere ogni possibilità di poter ritentare in futuro a causa della nascita di una potente "lobby" dei possessori d'armi d'Europa.
Di certo la nascita e il rafforzamento di tale fronte sarebbe più che auspicabile, ma l'esito dipenderà da quanti di noi saranno disponibili, questo fine settimana, a perdere qualche ora per far sentire le loro opinioni ai membri del Parlamento Europeo.
Al fronte disarmista, comunque, pare non essere ancora chiaro che Firearms United non sarebbe arrivata dov'è oggi se a novembre 2015 la Commissione Europea non avesse deciso di prendersela coi cittadini onesti. La possibilità di una vittoria storica dei possessori d'armi contro una Commissione sempre più arroccata nella sua torre d'avorio è concreta, e questi "illuminati" politici che credono di governare per diritto divino e vedono chiunque gli si opponga come un traditore eretico da mettere al rogo non possono dare la colpa a nessuno tranne che a loro stessi.