Una vittoria scontata (prima o poi)
Come facilmente prevedibile, ai fatti di Ardea di domenica 13 giugno hanno fatto seguito a stretto giro le immancabili dichiarazioni di sciacallaggio politico volto a limitare i diritti dei legali detentori di armi: UNICA categoria di cittadini ad avere una certificazione ultra-controllata di onestà e rettitudine di condotta dallo Stato.
Tutti parlano di "volerci vedere chiaro" su quanto accaduto. Ma come sempre accade in questi casi, tutti guardano nella direzione sbagliata.
Ai fatti di Ardea sono seguiti diversi comunicati delle associazioni di categoria, nel tentativo di chiarire come stiano effettivamente le cose (un politico che distorce la realtà per proprio tornaconto? Incredibile…), A ciò sono seguiti commenti e polemiche sul modo di rappresentare i legali detentori di armi.
In realtà, di questo passo vinceranno gli antiarmi, e per un motivo molto più semplice: è inutile farne un problema di rappresentatività, quando di fatto è un problema di rappresentati, che sono sempre meno e sempre più anziani.
In queste moderne dittature della maggioranza che si camuffano da democrazie, un diritto viene tutelato finché appartiene a una quantità sufficiente di persone, e i tiratori sono sempre meno, e lo sono per diretta colpa e responsabilità di:
- le case produttrici, incapaci di attirare l'attenzione dei giovani con un marketing adeguato e di espandere la loro base di clientela
- le federazioni e le associazioni sportive, aggrappate a modelli obsoleti, che non suscitano alcun interesse e non attirano in alcun modo né pubblico né riescono a far girare soldi, e sono costantemente afflitte da complesso della prima donna a ogni livello.
- in ultimo, anche per importanza, perché se quanto sopra citato funzionasse, queste avrebbero vita molto più facile, troviamo le associazioni di difesa dei diritti dei “legali detentori di armi”: divise, scoordinate, incapaci di comunicare in modo sintetico ed efficace, con post chilometrici più adatti a comunicati del Partito Comunista Sovietico degli anni '60 che non ai social, che impongono una comunicazione compatta e d’impatto.
Negli ultimi giorni si è evidenziato il disinteresse generale e il silenzio da parte dei grandi Media ufficiali verso i successi notevoli degli atleti italiani negli sport di tiro.
Non è che i media "oscurino" gli sport di tiro, come sostengono alcuni: o meglio, magari lo fanno anche, perché non piacciono alla nomenklatura falso-perbenista che popola e regola la comunicazione dei grandi Media.
Ma in effetti, il problema vero è che chiunque abbia un minimo di obiettività non può che ammettere che una gara di tiro a segno è interessante da vedere quanto la vernice che asciuga su un muro, e che le associazioni sportive di tiro a segno “tradizionale” oggi sono organizzazioni barocche, ferme a criteri gestionali barocchi, con una gestione barocca da parte di baroni pigri e intenti solo al proprio tornaconto.
E tutto questo mentre le associazioni sportive legate alle discipline di tiro più moderne sono totalmente incapaci di presentarsi e far apprezzare i propri sport a livello mediatico e restano relegate agli organi di comunicazione specialistici, col risultato di “predicare ai convertiti”.
In questo modo le cose non potranno che andare sempre peggio.
E, siamo chiari, se finora non sono passate leggi più restrittive non è per i successi delle varie associazioni, ma solo perché girano ancora troppi soldi e ci sono troppe persone interessate perché sia conveniente vietare, a fronte dell’attuale sostegno traballante alla classe politica di questo Paese: il più bello, ma anche il più barocco del mondo.
Ma metti uno stato solido, che può accettare un'ondata di disapprovazione da certa industria, o un giro di denaro meno rilevante, e la scure calerà, quanto è sicuro che tramonta il sole.
Come appassionati di settore possiamo fare solo una cosa, se vogliamo evitare che questo accada: cercare di coinvolgere quante più persone possibile nello sport e nel divertimento del tiro.
Non è facile, anche a causa di oneri economici e burocratici che spaventano tanti (e che sono stati messi proprio per quello scopo!), ma se ci riusciamo, se ogni singolo tiratore riuscisse a introdurre anche solo due giovani al tiro, avremmo in breve tempo raddoppiato la base e il nostro peso sportivo, economico e, soprattutto, politico.
Il resto verrà da sé.
La cultura non si fa a proclami, si fa con il coinvolgimento.
Il Ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha dichiarato: «Lavoriamo per capire come mai quell' arma era ancora lì dove non doveva essere». Ecco, in realtà, questa è l’unica cosa sensata che abbiamo letto, l'unica cosa che dovrebbero fare gli investigatori, mentre politici e giornalisti non dovrebbero parlare di cose che non sanno.
Perché “è chiaro” che qualcosa non ha funzionato nell’attuale sistema di registrazione e controllo delle armi da fuoco “legalmente detenute” in Italia, consentendo a uno squilibrato di entrare in possesso di un’arma senza averne alcun titolo, né tantomeno i requisiti di salute mentale richiesti dalla legge.
Titoli e requisiti che invece, tutti i legali detentori di armi sono obbligati a possedere e dimostrare.
La verità è che tutto il sistema di registrazione e controllo delle armi da fuoco “legalmente detenute” in Italia, non funziona, perché è vecchio, incompleto e non correttamente mantenuto, e non consente alle Forze di Polizia (già oberate dalla quotidianità) di poter prevenire usi illegali di armi legalmente detenute.
Il 14 settembre 2018 è entrata in vigore anche in Italia la nuova Direttiva Europea in materia di controllo sulle armi, voluta dal Parlamento Europeo a seguito dei vari atti terroristici che hanno colpito l’Europa negli ultimi anni.
La nuova Direttiva Europea prevede chiari interventi e prescrizioni, tanto per i cittadini legali detentori di armi, quanto per le amministrazioni degli Stati in cui loro vivono.
Dal 14 settembre 2018, tutti i cittadini italiani legali detentori di armi sono stati obbligati ad adeguarsi alle norme della nuova Direttiva Europea, con effetto immediato.
E lo Stato italiano? si è dotato degli strumenti necessari per poter tenere efficacemente sotto controllo quanto previsto dalla Direttiva Europea?
Che forse i singoli cittadini sono obbligati ad attenersi alla Direttiva Europea in materia di controllo sulle armi, ma invece lo Stato no?
I politici al Governo (ovvero “il” Governo), gli stessi che oggi chiedono norme più restrittive sulla detenzione di armi “legali”, dal 2018, hanno proposto una revisione degli strumenti di controllo (sostanzialmente telematici) a disposizione delle Forze di Polizia, per consentire loro di lavorare meglio e quindi poter prevenire i crimini?
NO.
La pistola utilizzata per gli omicidi di Ardea era regolarmente denunciata, ma il legale possessore era deceduto, e il sistema di controllo delle armi in dotazione allo Stato “non ha fatto scattare nessun allarme, nessuna procedura” per evitare che l’arma rimanesse in quella casa, nelle disponibilità di una persona priva di autorizzazione: in questo caso, purtroppo, un pericoloso squilibrato sfuggito anche ai controlli medici.
In Italia i controlli “preventivi” sulle autorizzazioni a poter acquistare e detenere legalmente armi ci sono, sia a livello di Polizia e Carabinieri, sia a livello medico, e sono fra i migliori al mondo.
Quello che non c’è è un efficace sistema di controllo che permetta di monitorare quello che succede “dopo”, in modo da non confondere la detenzione legale di armi con l’uso illegale di armi da parte di persone prive di autorizzazione, o che nel tempo abbiano perso i requisiti medico/legali necessari a poter detenere armi.
NO. La soluzione non è quella di limitare la “circolazione di armi in Italia” (una volta per tutte: non ci sono armi legalmente detenute che “circolano”!).
La soluzione è quella di fornire alle Forze di Polizia tutti gli strumenti necessari a poter svolgere con efficacia i loro compiti di prevenzione. Su questo, e solo su questo si devono interrogare i giornalisti, i politici e il Governo dello Stato.
Qualunque altra chiacchiera è pura speculazione politica, fuffa da dare in pasto a elettori sciocchi.