La Corte di Giustizia dell'Unione Europea respinge il ricorso della Repubblica Ceca
Con una sentenza dal sapore più politico che giuridico, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha respinto il ricorso della Repubblica Ceca contro la direttiva europea disarmista. E adesso?
Che la strada del ricorso della Repubblica Ceca contro la direttiva europea sulle armi – a cui si erano poi associati i governi di Polonia e Ungheria – fosse tutta in salita era chiaro già da un po': una serie di rinvii dell'analisi del caso avevano fatto pensare che la Corte Europea di Giustizia stesse aspettando l'implementazione da parte di tutti gli Stati membri prima di emettere una sentenza; e ad aprile, il Procuratore Generale – l'inglese Eleanor Sharpston – aveva presentato un lungo parere in cui si appiattiva sulle posizioni della Commissione Europea e richiedeva il respingimento del ricorso.
La sentenza è arrivata il 3 dicembre: la Corte Europea di Giustizia ha respinto il ricorso della Repubblica Ceca, di fatto convalidando la direttiva europea sulle armi.
Il dispositivo della sentenza è consultabile in italiano sul sito della Corte Europea di Giustizia, e al riguardo è stato emesso anche un comunicato stampa.
E adesso?
Per i Paesi – come l'Italia – che hanno recepito già la direttiva non cambia nulla... per ora.
A leggere il combinato della sentenza e il comunicato stampa, tuttavia, qualche preoccupazione viene. Perché di fatto la Corte Europea di Giustizia ha ritenuto accettabili come "valutazione d'impatto" gli studi presentati dalla Commissione Europea per giustificare la direttiva 2017/853 – studi già smontati a suo tempo pezzo per pezzo dalla ONG Firearms United, che aveva redatto un Impact Assessment di sua sponte e sottolineato come la "valutazione d'impatto" vera e propria, commissionata dalla Commissione Europea ma pubblicata solo dopo il voto, evidenziava invece come le misure restrittive sarebbero state deleterie per la pubblica sicurezza anziché efficaci nel contrasto alla criminalità e al terrorismo.
In più, e questo è il dato preoccupante che emerge dalla sentenza, la Corte Europea di Giustizia pare sostenere che, in base ai trattati, l'UE abbia il "diritto" e il potere di mettere al bando qualsiasi tipologia di arma da fuoco essa desideri, in particolar modo laddove essa venga utilizzata per atti criminosi o sparatorie di massa.
Ciò significa che, di fatto, da oggi nessun'arma è al sicuro dalle pruderie disarmiste di Bruxelles e Strasburgo. Di sicuro gli antiarmi di tutt'Europa usciranno imbaldanziti dalla sentenza, e ritorneranno all'attacco a breve. Già il 9 ottobre scorso, infatti, Fabio Marini – "esperto di armi" della Direzione Generale per la Migrazione e gli Affari Interni (DG HOME) – ha fatto delle anticipazioni su un prossimo "Piano d'azione per le armi leggere" da parte della Commissione Europea per il periodo 2020-2024.
Un piano che dovrebbe focalizzarsi sul traffico illecito e sui grandi contrabbandi di armi militari verso le zone di guerra e le organizzazioni criminali e terroristiche... ma anche la direttiva europea sulle armi avrebbe dovuto. E tutti conosciamo il risultato.
La concomitanza con il tentativo dell'UE di mettere al bando le munizioni a base di piombo per tutti gli usi venatori e sportivi e la scarsissima propensione, ancora una volta ricordata da Firearms United, da parte delle istituzioni UE ad ascoltare le voci contrarie alle loro posizioni non fanno che aumentare il livello di pericolo.
Sebbene non sia realistico profetizzare conseguenze negative a breve o brevissimo termine per la comunità dei legali detentori di armi in tutt'Europa a seguito di questa sentenza, essa deve servire da campanello d'allarme sia per gli appassionati di caccia, tiro sportivo e collezionismo, sia per le aziende che operano nella produzione, distribuzione e commercializzazione di armi, munizioni ed accessori: è necessario agire con superiore incisività, ad iniziare da subito, con una rinnovata unità di intenti e un maggiore impegno in fatto di Lobbying in ambito politico e comunicazione in ambito pubblico e sociale, al fine di difendere le proprie prerogative e i propri diritti.
Per quanto riguarda la Corte Europea di Giustizia, non si può dire che essa abbia scritto una pagina fulgida nella storia del diritto europeo. Con una sentenza scritta non già per dare torto alla Repubblica Ceca ma per non darne alla Commissione Europea, essa non ha fatto che confermare l'autoreferenzialità delle istituzioni UE e la loro totale chiusura alle istanze dei popoli degli Stati membri.
Se le istituzioni europee pensano così di arginare l'ondata di "euroscetticismo" che travolge il Continente, ci dispiace deluderle: sono decisamente sulla strada sbagliata.