La carabina Spencer modello 1860

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La carabina Spencer modello 1860

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Carabina Spencer 1860: il primo fucile militare a ripetizione a cartuccia metallica al mondo

Non credo esista un appassionato storico di armi da fuoco che alla pronuncia del nome Spencer non risponda con un lieve sospiro, accennando un sorriso ed un’espressione mista fra compiacimento, sogno e desiderio. Insomma, la faccia di chi le cose non solo le conosce, ma soprattutto vorrebbe poterle avere fra le mani anche solo per un momento, per provare la piacevole illusione di essere partecipi del periodo storico di cui esse stesse sono state testimoni.

 

Da questo punto di vista, più che esserne testimoni, le carabine Spencer sono state protagoniste del momento probabilmente più importante della storia evolutiva, industriale e militare, delle armi da fuoco. Come lo stesso Generale James H. Wilson ebbe modo di riferire durante la Guerra Civile Americana: “Non c’è alcun dubbio che la carabina Spencer sia la miglior arma da fuoco che sia mai stata messa nelle mani di un soldato, sia per le munizioni che utilizza, sia per la massima efficacia fisica e morale di cui è capace”. I soldati nordisti, che a partire dalla tarda primavera del 1862 ricevettero in dotazione le prime moderne armi a ripetizione Spencer, dovettero sentirsi invincibili di fronte alle truppe sudiste ancora armate con armi ad avancarica.

 

L’idea iniziale per il progetto di un’arma lunga a ripetizione a retrocarica il giovane Christopher M. Spencer l’aveva avuta già nel 1854, quando lavorava presso gli allora tecnicamente modernissimi stabilimenti Colt di Hartford. Tra perfezionamenti e ripensamenti operati su prototipi in legno, fu solo nella primavera del 1860 che Spencer fu finalmente in grado di depositare il primo brevetto per la sua nuova arma. Quello stesso anno Oliver Winchester curava il brevetto dell’Henry, altro grande protagonista del momento, mentre Christian Sharps aveva da poco brevettato il suo modello 1859: il fervore innovativo nel settore armiero americano era ai massimi livelli.

 

Quelle Spencer, soprattutto nelle versioni carabina da cavalleria, furono in assoluto le armi a ripetizione - a retrocarica e cartuccia metallica - più importanti della Guerra Civile. Le sue uniche, vere antagoniste furono le apprezzatissime armi Sharps: erano anch’esse a retrocarica, ma adottavano tuttavia una cartuccia di carta ed erano monocolpo. Per quanto riguarda invece l’Henry – modello progenitore della stirpe dei Winchester a leva – la relativa delicatezza meccanica e la debolezza della sua munizione calibro .44 non ne permisero mai l’affermazione in campo militare. Di fatto, almeno per tutta la durata della guerra, nessuno riuscì ad infrangere il primato assoluto delle armi Spencer.

 

Gli inizi non furono tuttavia facili per il giovane Spencer. A dire il vero erano molti gli alti ufficiali di Washington che non condividevano i benefici tecnologici offerti dalle nuove armi a ripetizione. Fra questi il Generale Ripley, comandante in capo dell’Ordnance Board, l’ente preposto alla selezione ed approvvigionamento delle forniture militari nordiste: le armi a retrocarica, specie quelle a ripetizione, erano troppo costose e comportavano grossi problemi di approvvigionamento di munizioni alle truppe a causa della varietà delle tipologie usate. Su invito della Marina, a far ordine nel caos contribuì lo stesso Presidente Lincoln, che con un intervento politico molto oculato aprì le porte all’adozione delle nuove armi a retrocarica, fra cui lo Spencer, le cui caratteristiche attirarono in brevissimo tempo l’attenzione generale.

 

Fucili da fanteria e carabine da cavalleria Spencer erano inizialmente camerate per una munizione metallica a percussione anulare in calibro .56-56, la cui versione militare prodotta dall’arsenale di Frankford adottava un proiettile ogivale da 450 gr spinto da una carica di 40 gr di polvere nera. A partire dal settembre 1863 l’Ordnance Board nordista ridusse il numero di munizioni diverse necessarie per i vari modelli a retrocarica allora in dotazione, fissando in .52 il calibro standard da adottare su tutti i modelli Spencer, Sharps, Joslyn, Ballard, Gibbs e altri.

 

12.471 fucili, 94.196 carabine e 58.238.924 cartucce sono le cifre ufficiali degli ordini militari procurati a Spencer negli anni del conflitto fra Nord e Sud, ma la produzione complessiva di quest’arma raggiunse le 200.000 unità, che in varie configurazioni finirono quasi tutte sul mercato civile: tanto apprezzate negli anni della conquista dei territori dell’Ovest americano che le relative munizioni calibro .52 a percussione anulare rimasero in produzione sul mercato civile fino al 1920.

La moderna replica di Chiappa Firearms

Nel 1992, la presenza di una carabina Spencer nel film di Clint Eastwood ‘Gli Spietati’ (Unforgiven), aveva riacceso la nostra attenzione per questo interessante modello: la cui relativa complessità meccanica non stimolava tuttavia l’interesse dei fabbricanti di repliche, per gli elevati costi di progetto e reingegnerizzazione che la sua eventuale riproduzione avrebbe comportato.

 

Lo Spencer continuava a rimanere appannaggio di pochi possessori di originali d’epoca. Finché una delle più note aziende bresciane del settore, la Chiappa Firearms, decise pochi anni fa di accettare la sfida in risposta alle pressanti richieste del mercato statunitense, facendosi carico di analizzare il progetto originale Spencer per poterne ricavare una copia fedele. Due anni di lavoro su originali d’epoca, tra studio della meccanica e riquotazione completa di tutte le parti dell’arma, hanno portato infine Chiappa alla realizzazione di una delle migliori riproduzioni di armi storiche che la nostra industria armiera specializzata abbia prodotto negli ultimi quarant’anni.

Il funzionamento del sistema di alimentazione e sparo dello Spencer è critico negli aspetti più strettamente di progetto e costruttivi dei singoli componenti della meccanica, che lavora con tolleranze minime, ma non è affatto complicato da capire.

 

Il calcio dello Spencer è attraversato per tutta la sua lunghezza da un foro all’interno del quale si trova il serbatoio tubolare delle munizioni: al suo interno una molla a spirale spinge le cartucce verso la carcassa che ospita la meccanica di alimentazione e sparo dell’arma stessa. Il serbatoio ha una capacità di sette cartucce e può essere agevolmente estratto dal calciolo, ricaricato e reinserito al suo posto, pronto all’uso, con una semplice manovra.

 

Come per molte altre armi a retrocarica del tempo, anche lo Spencer utilizza una leva per controllare sia l’apertura dell’otturatore che la meccanica del sistema di alimentazione. La leva funge anche da guardia del grilletto: tirando la leva verso il basso si ottiene l’abbassamento dell’otturatore, l’esposizione della camera di cartuccia e la successiva rotazione all’indietro di tutto il blocco di chiusura dell’arma.

 

Al termine del suo movimento all’indietro e verso il basso, il blocco della meccanica viene a trovarsi quasi completamente esposto all’esterno della carcassa, al di sotto di questa. In questa posizione il blocco consente l’esposizione della prima delle cartucce contenute nel serbatoio tubolare, la cui molla la spinge ora in avanti – visibile ai nostri occhi - nello spazio che l’abbassamento dell’otturatore ha lasciato vuoto all’interno della carcassa.

 

A questo punto, esercitando una trazione senza esitazioni, riportiamo la leva nella posizione originale tirandola all’indietro verso la carcassa, riportando così tutta la meccanica in posizione di riposo, con l’otturatore in chiusura. Nel suo movimento verso l’alto e in avanti, la faccia dell’otturatore ingaggia il fondello della prima cartuccia del serbatoio e la spinge verso la culatta della canna.

 

Nella parte frontale della meccanica di chiusura si trova anche il sistema di estrazione dei bossoli. È composto da una coppia di leve verticali che ingaggiano le porzioni laterali del fondello del bossolo, tirandolo fuori dalla camera di cartuccia mentre tutta la meccanica arretra; la parte superiore della carcassa dello Spencer è aperta ed è da qui che avviene l’espulsione dei bossoli vuoti. Tuttavia, dalla finestra di espulsione uscirebbero anche le nuove cartucce che l’otturatore preleva dal serbatoio durante il suo avanzamento: per impedire questo, nella parte superiore della carcassa (a parziale chiusura della finestra di espulsione) si trova incernierata una barretta longitudinale, che un’apposita molla mantiene in costante contatto contro la meccanica di chiusura. Quando in fase di apertura l’otturatore si abbassa, la barretta lo segue e funge da rampa per l’espulsione verso l’alto del bossolo che l’estrattore sta tirando fuori dalla camera di cartuccia; quando invece l’otturatore ritorna in chiusura prelevando una nuova cartuccia dal serbatoio, la barretta incernierata nella parte superiore della carcassa aiuta l’otturatore a guidare la cartuccia verso la canna, impedendone la fuoriuscita verso l’alto durante la fase di alimentazione.

 

La leva sotto la carcassa controlla unicamente la meccanica di alimentazione e di otturazione, ma non quella di sparo, per il cui armamento è necessario operare agendo manualmente sul cane esterno posto sul fianco destro della carcassa. La presenza di un cane esterno era uno dei requisiti obbligatori che l’Ordnance Board imponeva alle armi da sottoporre ai test di accettazione militare e lo Spencer, come anche lo Sharps, non poteva quindi derogare: il movimento è identico a quello delle coetanee armi ad avancarica, con una posizione di riposo (completamente abbattuto), una di sicurezza (mezza monta), ed una di sparo (completamente armato).

 

In una cavità all’interno dell’otturatore si trova un elemento flottante, sul cui lato destro è assemblata una piastra la cui coda è in costante contatto con la testa del cane: muovendosi in asse con la canna il blocco trasferisce così al percussore l’energia ricevuta dall’abbattimento del cane.

Allo smontaggio ordinario, nella normale manutenzione dell’arma, si procede solo dopo aver estratto dal calcio il serbatoio tubolare, separando poi dalla carcassa il blocco della meccanica di chiusura: per fa questo basta svitare la grossa vite trasversale che gli fa da fulcro di rotazione, visibile nell’angolo inferiore della carcassa. Se necessario, si può estrarre anche la piastra della meccanica a molla indietro del cane, allentando le sue due viti di ritenzione.

 

Trattandosi di un’arma a retrocarica a cartuccia metallica, soprattutto se utilizzata con munizioni a polvere infume, in realtà è spesso sufficiente scovolare la canna accedendovi direttamente dalla culatta con una sottile bacchetta di pulizia (meglio se in fibra). La necessità di dover procedere allo smontaggio del blocco di chiusura si presenta invece nel caso in cui volessimo utilizzare munizioni ricaricate a polvere nera, con piacere storico ben maggiore, ma anche maggior deposito di residui anche sull’otturatore e all’interno della carcassa.

 

La sequenza per lo smontaggio addizionale delle parti componenti l’otturatore è molto intuitiva e sarà effettuata solo in caso di reale necessità (la procedura è illustrata nel libretto che accompagna ogni carabina Spencer di Chiappa Firearms).

Gli sforzi che la Chiappa Firearms ha profuso nel progetto Spencer sono ben visibili nella qualità meccanica e nel livello di finitura d’insieme della loro riproduzione, la versione 1860 della famosa carabina da cavalleria. Giungere alla creazione della riproduzione fedele di un’arma storica significa sempre riuscire a trovare un efficace compromesso fra il progetto originale del modello e le attuali esigenze di mercato, quasi sempre riconducibili, come in questo caso, all’indisponibilità del munizionamento per cui l’arma stessa era stata originariamente concepita.

 

Per cui, anziché l’originale .56-56 a percussione anulare, la nuova carabina Spencer è invece disponibile in calibri a percussione centrale più facilmente reperibili per gli appassionati storici e sportivi: l’immortale e facilmente reperibile cartuccia .45 Colt; la cartuccia .44-40 Winchester, ancora molto popolare negli USA fra gli appassionati di tiro Western; e una versione in calibro .56-50 a percussione centrale, disponibile negli USA, per i molti appassionati reenactors americani.

 

Finita la guerra e le richieste di armi che ne derivavano, Spencer non riuscì a gestire il mercato civile legato all’espansione nei territori di frontiera. Nel 1869 la Spencer Repeating Rifle Company fu acquistata dall’abile Oliver Winchester, che interrompendone immediatamente l’attività produttiva fece in modo che il nome Spencer fosse dimenticato, rafforzando così l’immagine della carabina che intanto stava attirando l’attenzione di tutto il mondo: il Winchester 1866.

 

Quello che Winchester non poteva prevedere era che 130 anni più tardi, in Italia, un’azienda bresciana avrebbe fatto in modo che gli appassionati di tutto il mondo potessero tornare a pronunciare nuovamente il nome del suo peggior concorrente, godendo dal vivo del risultato di un’idea nata nel 1854 nella testa di un allora ventunenne di nome Christopher Spencer.