Extrema Ratio Fulcrum: 10 anni di uso-tortura
Torture test: che ne pensate di più di 10 anni di uso intenso, pesante, noncurante e brutale di uno dei più popolari coltelli “Made in Italy”? L'Extrema Ratio Fulcrum
Non ho mai amato i cosiddetti “torture test” dove un coltello veniva sottoposto a prove come tagliare grossi chiodi: nella migliore delle ipotesi, il coltello taglia il chiodo dimostrando che l’acciaio temperato taglia il ferro dolce (che scoperta), nella peggiore il coltello si rompe, dimostrando che i coltelli non son fatti per tagliare i chiodi (che sopresa).
Quando valutiamo la robustezza e durevolezza di un coltello nell’impiego quotidiano, noi appassionati di coltelli tipicamente abbiamo un problema: li trattiamo coi guanti bianchi.
Puliamo ogni traccia di sporcizia, lucidiamo lama e impugnatura, oliamo ogni millimetro di metallo esposto, manteniamo un filo a rasoio impeccabile e spargiamo calde lacrime per ogni segnetto sulla finitura della lama: in poche parole, facciamo pena.
Ho quindi pensato a qualcosa di diverso, più realistico e significativo per l’utente finale.
Qualcosa di più simile a come un coltello verrebbe usato quotidianamente da gente a cui non importa un accidente della finitura e dei dettagli tecnici, e che bada solo a portare a termine un lavoro, gente per cui la manutenzione è un’incombenza noiosa che grava su un elenco di cose da fare già fin troppo fitto, per cui la fanno solo se costretti e solo nella misura in cui serve a mantenere un attrezzo in condizioni di ragionevole efficienza.
Gente che ha un’idea molto più ampia di quali compiti possa svolgere un coltello del tipico appassionato di coltelli.
Ho quindi preso un coltello: un Extrema Ratio Fulcrum S, che ho scelto in quanto adottato dall’Esercito Italiano come coltello “tattico” multiruolo inteso a svolgere ogni genere di compito sul campo, e ho deciso di usarlo come lo userebbe una persona qualsiasi, in un ambiente gravoso in cui il coltello è spesso l’unico attrezzo a portata di mano.
Il coltello è stato sottoposto ad anni di lavoro ingrato:
- Ci ho tagliato ogni genere di materiale, l’ho usato come leva per aprire latte di vernice o forare tolle d’olio per recuperarne fino all’ultima goccia, per tagliare rami e cespugli, senza preoccuparmi di ripulirlo prima di metterlo via a lavoro finito.
- L’ho messo in acqua salata e poi, non pago di questo, l’ho bagnato e sfregato col sale prima di rinfoderarlo e lasciarlo lì per giorni, per vedere come reggesse alla ruggine.
- Ho pulito le macchie di ruggine passandole con la sabbia, l’ho lavato e l’ho usato per tagliare carne e verdure, l’ho usato per spaccare il carbone per la forgia e l’ho lasciato sul banco di un capanno aperto per anni
- Ci ho giocato lanciandolo contro ceppi o nel terreno, passandolo alla buona nell’erba prima di rimetterlo nel fodero.
- L’ho riaffilatto con una cote da falce, con ciottoli di fiume, un paio di volte con un nastro grana 400 della smerigliatrice.
- L’ho “lucidato” con I residui sulla pietra per affilare quando era troppo sporco, e molte altre cose che ora non ricordo perché sono passati più di dieci anni.
Dopo aver scritto la recensione della prima, brutale prova, mi han lasciato il coltello (non sorprendente, viste le condizioni in cui era) e ho continuato a usarlo esattamente allo stesso modo. È diventato il mio “coltello da officina”, e il coltello d’elezione per qualsiasi lavoraccio sporco, brutto, pesante e sgradevole in cui volessi evitare di rovinare la finitura di un altro “bel” coltello, ed è tutt’ora tale.
Ho di recente visto definire il Bohler N690 un acciaio “mediocre” confrontato con certi altri “wonder steel”, il che è una scempiaggine, considerando che il buon vecchio acciaio al carbonio è ancora uno dei migliori acciai per far coltelli, e che il 90% di un coltello è fatto dai trattamenti termici e l’altro 90% dal design pratico (no, non è un errore: dopo più di 30 anni a usar coltelli, credo fermamente che il design e i trattamenti termici contribuiscano assieme a fare il 90% dell’efficacia di un coltello)
Così ho preso il Fulcrum S e gli ho fatto qualche foto. Quel che vedete è come appare dopo oltre 10 anni di uso intenso e poca o nulla manutenzione.
Il fodero è in ottime condizioni, in quanto è stato usato semplicemente per metterci il coltello e appeso a un chiodo al muro, o lasciato all’aperto. È un po’ segnato, ma tanto il fodero quanto l’imbrago funzionano impeccabilmente.
Le scritte al laser sono a malapena visibili, la seghettatura della lama malamente logorata da innumerevoli affilature sul campo (la lama non è mai stata toccata da utensili specifici per l’affilatura di lame seghettate) che hanno anche conciato per le feste lo “yokote” della lama “tanto”, cosa di cui, francamente, non mi importa nulla.
Il coltello funziona bene oggi come quando l’ho tirato fuori dalla scatola, e conto di usarlo ancora per decenni. Penso in effetti che farà perfettamente il suo lavoro anche dopo che avrò da tempo lasciato questo mondo.
Al momento in cui scrivo è appeso a una vecchia morsa da fabbro in giardino, esposto al sole e alle intemperie, a portata di mano per ogni genere di lavoro, dal giardinaggio all’aprire sacchi di terra al tagliare la legna per accendere la forgia.
È uno dei migliori coltelli che abbia mai avuto.