I caricatori non sono parte d'arma
La Corte di Cassazione lo ha ribadito più volte: i caricatori non sono parte d'arma... quanto ci metteranno i tribunali e le Procure a capirlo?
Tra le tante storture che funestano quotidianamente la vita degli onesti possessori d'armi in Italia, la peggiore è l'incertezza del diritto: il problema è che nel nostro Paese, a causa dell'interpretazione spesso molto libera (per non dire Contra Legem!) dei provvedimenti legislativi da parte dei tribunali, si rischia di essere condannati pur rispettando la legge alla lettera.
È il caso dei caricatori amovibili per armi lunghe e corte: eliminati dal novero delle parti essenziali d'arma dalla direttiva europea 2008/51/CE recepita con il Decreto Legislativo 204/2011, sono stati in seguito rinormati dal Decreto Legislativo 121/2013.
In base alle norme attualmente in vigore, i caricatori amovibili non sono parte essenziale d'arma, e non è obbligatorio per il loro acquisto essere titolari di porto d'armi.
Tuttavia, i caricatori di capacità superiore ai 15 colpi per le armi corte e ai 5 colpi per le armi lunghe possono essere introdotti sul territorio nazionale solo se sono compatibili con armi classificate sportive, e la loro detenzione è sottoposta ad obbligo di denuncia.
Eppure, fino a tempi molto recenti, i tribunali hanno continuato a comminare condanne per la detenzione di caricatori non denunciati, seppure non eccedenti la capacità di 5 colpi per le armi lunghe e 15 colpi per le armi corte: ne è un esempio la sentenza 39209 del 2013 della Suprema Corte di Cassazione, che due anni dopo il recepimento della direttiva europea 2008/51/CE continuava a ritenere i caricatori "parte d'arma".
Questa tendenza si è invertita solo molto recentemente, con la pubblicazione della sentenza 49274 del 2016 della Corte di Cassazione, con la quale la Suprema Corte di Cassazione torna a confermare quanto la Corte stessa aveva già stabilito con la sentenza 4050 del 25 gennaio 2013.
Nelle sue motivazioni la nuova sentenza del 2016 conferma nuovamente che lo spirito della legge è quello di escludere i caricatori amovibili dal novero delle "parti d'arma" e delle "parti essenziali d'arma" come individuate dalla Legge 895/67, in quanto non si tratta di componenti indispensabili al funzionamento dell'arma stessa (qualunque arma semiautomatica può infatti comunque funzionare a colpo singolo, anche se priva di caricatore).
Dopo un calvario che durava dal 2009, il cittadino è stato assolto senza rinvio e la Suprema Corte di Cassazione ha imposto la restituzione del caricatore sequestrato.
La sentenza non è rimasta a guisa di un isolato faro di buon senso in un oceano di incapacità: nel 2017, la sentenza 35704 ha ribadito il nuovo orientamento della Suprema Corte in fatto di caricatori: essi non sono "parte d'arma" o "parte essenziale d'arma".
"Per logica deduzione" sarebbe corretto supporre che nemmeno i caricatori eccedenti la capacità di 15 colpi per le armi corte e di 5 colpi per le armi lunghe siano parte d'arma, e che quindi la loro mancata denuncia non possa essere punibile come "detenzione abusiva di parti d'arma", ma come... qualcos'altro, da definire.
Nella speranza che anche tutti i tribunali e le Procure della Repubblica si conformino alla nuova linea della Suprema Corte, resta comunque sconfortante constatare che il caso di cui alla sentenza 49274 ha comportato per l'imputato un calvario di 8 anni, e quello di cui alla sentenza 35704 si è trascinato per ben 13 anni.
Resterà forse vana, dunque, la speranza che Procuratori della Repubblica, Giudici per le Indagini e per le Udienze Preliminari e gli altri elementi del potere giudiziario interessati a ciò vogliano finalmente comprendere che le già scarse risorse dell'oberata macchina della giustizia potrebbero essere spese meglio che non per mandare a processo un cittadino per qualcosa che già pacificamente la lettera della legge dice non essere reato.
Se i caricatori "non sono parte d'arma", per logica deduzione sarebbe corretto supporre che non lo sono nemmeno quelli che eccedono la capacità di 15 colpi per le armi corte e di 5 colpi per le armi lunghe, che invece sono soggetti a obbligo di denuncia.
In questi ambienti spesso vale la regola "nel dubbio, rinviare a giudizio". Ecco, sostituirla con "nel dubbio, archiviare" sarebbe decisamente più saggio e più in linea col dettame costituzionale dell'innocenza sino a prova contraria.