Tecnica: la mira sotto stress
Oltre a vari problemi di altro tipo, lo stress provoca il peggioramento della vista. Questo impone delle riflessioni riguardo le tecniche di addestramento alla difesa personale, spesso ricondotte più a pratiche sportive che difensive
I vari ormoni rilasciati nel sangue quando si è sotto stress provocano sia vantaggi sia svantaggi. E chi lo dice? Certo non solo io. Basta chiedere a qualsiasi medico che si è occupato della materia.
Se il medico non si occupa di armi e difesa personale, difficilmente può mettere in relazione gli effetti dello stress con il conflitto a fuoco e la gestione dell’arma mentre si è in quello stato. Anche io, che scrivo queste righe da tattico da salotto, come amo definirmi, non posso che fare delle supposizioni studiando fatti accaduti ad altri.
Ancora una volta, visto che di conflitti a fuoco per fortuna nel nostro paese ne accadono pochi ma non preoccupatevi che continuando di questo passo le cose nel tempo miglioreranno (perdonatemi la battuta velenosa), mi affido alle statistiche condotte all’estero mediante lo studio dei filmati e dei resoconti di chi si è trovato ad affrontare un avversario ed è stato costretto a difendersi con un arma.
Tra i vari effetti negativi che emergono quando nel sangue sono rilasciati gli ormoni adrenalinici, i più deleteri riguardano la modifica della vista e dei movimenti fini in riferimento alle parti distali del corpo. La modifica della vista comporta delle riflessioni sul tipo di addestramento che deve essere condotto in previsione di uno scontro a fuoco.
Se dovessi trovarmi in pericolo di vita: come vedo i congegni di mira, con quale occhio devo mirare, come vedo il bersaglio?
Queste domande non hanno mai una risposta certa: come spesso accade quando tutto è ipotetico e gli episodi reali non sono facilmente riproducibili o sono estremamente soggettivi. Tutto è possibile e tutto diventa contestabile, per cui, in relazione alle risposte che tento di darmi, cerco di impostare un addestramento corretto.
Gli effetti dello stress, oltre ad altri problemi, provocano in un decimo di secondo la perdita della capacità di mettere a fuoco oggetti piccoli e posti a varie distanze. Il cervello costringe a focalizzare il particolare che ci spaventa come se guardassimo attraverso un tubo di pochi centimetri di diametro: è quello che si chiama effetto tunnel.
Gli ormoni dello stress provocano la dilatazione della pupilla. L’effetto può essere assimilato a quello provocato da un alcaloide estratto dalla pianta Atropa Belladonna chiamato atropina. Instillata nell’occhio per effettuare delle visite oculistiche, questa sostanza dilata la pupilla artificialmente, provocando altri effetti quali l’aumento della sensibilità alla luce e la visione offuscata.
Come accade all’obiettivo di una fotocamera, che perde la profondità di campo all’aumentare dell’apertura del diaframma, nell’occhio, quando la pupilla è dilatata, le immagini appaiono sfocate in massima parte a causa dell’aumento della quantità di aberrazioni dovute all’aumentare del diametro pupillare stesso.
Eppure gli addestramenti sono condotti più a cercare di prendere “la mosca” sul bersaglio. Si consiglia di mettere perfettamente a fuoco i congegni di mira, di decidere quale occhio dobbiamo utilizzare per mirare o di sparare con i due occhi aperti per aumentare la visione periferica evitando l’effetto tunnel.
Queste problematiche dovrebbero far riflettere sulla reale efficacia deI famoso esercizio “body - body - head” che trova successo quando eseguito su un innocuo e statico bersaglio cartaceo ma dall’esito incerto se applicato su un avversario mobile e aggressivo.
All’aumentare la distanza la precisione ha la sua importanza, ma qui è preso in esame lo scontro da difesa a corta distanza, dove anche il decimo di secondo può fare la differenza.
Nella realtà, come si può constatare guardando vari filmati di cui è ricco il web, l’operatore non ha tempo di mettere il colpo in canna, di solito svuota il caricatore in uno o due secondi senza mirare, la maggior parte dei colpi va a vuoto, non c’è tempo di cercare un riparo, di andare in ginocchio o di risolvere malfunzionamenti dell’arma.
Negli scontri a fuoco il tempo è tiranno e le distanze sono estremamente ridotte, parlo di zero o al massimo 2 metri, quindi non possiamo attardarci a collimare perfettamente i congegni di mira anche perché, in base a quanto ne sappiamo, non riusciremo a collimarli o peggio a vederli.
La visione a tunnel impedisce di vedere la figura intera dell’aggressore, ma fa concentrare sulla fonte del pericolo: in particolare la mano che sta per colpirci o che impugna l’arma. Tenere ambedue gli occhi spalancati è istintivo quando si ha paura, ma non per questo si può eliminare o limitare l’effetto della visione a tunnel.
Le conseguenze dannose dello stress sulla vista possono essere combattute ricorrendo a qualche espediente durante l’addestramento. Mediante ripetizioni continue, si deve imparare a puntare l’arma come se fosse il nostro dito indice. La destrezza che consente di far lavorare il proprio corpo anche utilizzando oggetti è chiamata propriocezione o cinestesia.
Per non barare, durante gli addestramenti è utile schermare il mirino con un pezzetto di nastro adesivo. Impariamo a puntare l’arma istintivamente e in direzione del bersaglio, accontentandoci di vedere al massimo l’estremità anteriore del carrello senza dimenticare che, a corta distanza, a volte l’arma non può neanche essere portata all’altezza degli occhi.
Da evitare l’utilizzo del bersaglio da gara, quello chiamato bull’s eye. Per aumentare la difficoltà, evitando che l’occhio, perdendo tempo prezioso, vada a cercare il buco prodotto dalla palla, sarebbe meglio colorare di nero le sagome di cartone da tiro dinamico.
Ovviamente, se in precedenza non abbiamo appreso a impugnare correttamente l’arma quando è ancora in fondina, fare l’estrazione e tirare il grilletto correttamente, i colpi andranno inesorabilmente fuori bersaglio anche se questo è a pochi metri dalla volata della nostra arma.