Munizioni al piombo sotto attacco: l'ECHA ci riprova!
L'associazione ceca LEX – facente parte della rete di Firearms United – ha pubblicato un documento in inglese in risposta alla posizione dell'Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) che recentemente è tornata a sostenere una messa al bando totale delle munizioni a base di piombo
Ci risiamo.
A circa un anno dall'ultima volta che l'Unione Europea ha provato ad attaccare il mercato commerciale delle munizioni al piombo, questa volta è il turno dell'ECHA, Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche, che è tornata sul tema lo scorso 12 settembre con un rapporto che propone di attuare nuove e più importanti restrizioni al riguardo.
Il documento dà seguito proprio al tentativo dell'anno scorso: si tratta infatti dei risultati raccolti dall'ECHA in seguito al sollecito della Commissione Europea del settembre 2017.
A differenza di quanto emerso l'anno scorso anche da fonti industriali come l'AFEMS, tuttavia, l'ECHA non propone di limitare le nuove restrizioni al "solo" uso nelle zone umide o semiumide, come peraltro già in vigore in molti Paesi d'Europa e non solo: a tradimento, l'Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche vorrebbe proporre fortissime restrizioni – quando non una messa al bando totale – sull'uso delle munizioni a base di piombo per tutti gli impieghi civili, venatori e sportivi.
Il rapporto sull'uso di munizioni al piombo in aree non umide – pubblicato sul sito dell'Agenzia con un titolo che tradotto in italiano suona come "L'ECHA ha identificato rischi per l'ambiente terrestre causati dalle munizioni al piombo" – sostiene di aver "trovato prove sufficienti per giustificare misure aggiuntive", al fine di raggiungere tre obiettivi principali: "ridurre l'inquinamento da piombo e migliorare la qualità dell'ambiente", "impedire la morte di circa uno o due milioni di uccelli" che si nutrirebbero in aree contaminate dal piombo e "salvaguardare la salute dei cacciatori e delle loro famiglie" che mangiano selvaggina cacciata con munizioni a base di piombo.
L'ECHA sostiene che "il costo da sostenersi per rimpiazzare le munizioni a base di piombo sarebbe ridotto in quanto le munizioni in acciaio sono già disponibili, utilizzabili nella maggior parte delle armi da fuoco e non molto più costose di quelle a base di piombo; in virtù di ciò, le spese aggiuntive da sostenersi per i cacciatori sarebbero ridotte".
Sebbene nel rapporto si parli solo di caccia, almeno esplicitamente, nel novero degli studi citati dalla ricerca si trovano spunti che pongono in pericolo anche altre attività sportive, come la pesca, per via dei pesi da pesca in piombo.
Bisogna ammettere che la relazione dell'ECHA è sufficientemente dettagliata e sostenuta da una sostanziosa lista di ricerche scientifiche di riferimento.
Bisogna tuttavia notare che le ricerche medesime sono le stesse – e giungono alle medesime conclusioni – già viste e riviste, a volte risalenti anche al 1989 (come quella sulla concentrazione di fumi di piombo nei poligoni di tiro al chiuso in Finlandia, che tra le altre suscita preoccupazioni per il futuro dell'uso di munizioni al piombo anche in attività diverse dalla caccia!), e già screditate sia a livello nazionale in molti Paesi che su scala internazionale.
"Gun control" mascherato
Ci troviamo dunque di fronte al ritorno di una minaccia che di sicuro è stata data per "disinnescata" troppo in fretta – con la paradossale aggiunta (ma è una vecchia fissa ambientalista) dei pesi da pesca in piombo al novero degli oggetti che dovrebbero essere messi al bando.
E come già scrivemmo all'epoca, non c'è ragione di non vedere in questo nuovo documento dell'ECHA un tentativo di imporre misure disarmiste mascherate da ambientalismo.
A differenza di quanto l'Agenzia UE per le Sostanze Chimiche scrive, come sappiamo tutti, le munizioni senza piombo – in particolar modo quelle che impiegano l'acciaio – non sono affatto così "universali".
Non è un caso se i banchi di prova CIP – come il Banco Nazionale di Prova di Gardone Val Trompia – prevedono una marcatura specifica (il "Giglio") per le armi a canna liscia in grado di utilizzare munizioni spezzate in acciaio!
Chiunque abbia la minima infarinatura di tecnica armiera sa benissimo che le munizioni in acciaio hanno un effetto sulle canne molto diverso da quelle in piombo, e che sviluppano pressioni che le armi più vecchie – e quelle nuove, se sottoposte ad un livello particolare di usura – non danno la garanzia di sopportare.
Utilizzare munizioni in acciaio in armi che non siano state provate sui 1630 Bar è un azzardo, e qualora le restrizioni dell'ECHA fossero approvate, l'impatto sui cacciatori – la cui salute l'ECHA pretende addirittura di tutelare! – sarebbe tutto fuorché "minimo": un numero enorme di cacciatori in tutt'Europa dovrebbe sobbarcarsi importanti costi per cambiare la propria arma, o quantomeno le canne, al fine di poter continuare a praticare il proprio sport. E questo, sempre se le misure dovessero limitarsi all'ambito venatorio, cosa che pare improbabile.
Come già ipotizzato più volte, e non solo in ambito europeo, dai sostenitori del diritto alle armi, le misure intese a vietare o limitare l'utilizzo delle munizioni a base di piombo nascondono generalmente un secondo fine nascosto, quello di ridurre tramite l'aggravio di costi la platea di persone che praticano abitualmente sport e discipline con armi da fuoco e che dunque ne possiedono.
I rilievi di LEX
LEX – associazione per la difesa del diritto alle armi nella Repubblica Ceca, facente parte della rete di Firearms United – ci ha fatto pervenire in anteprima il suo documento di controdeduzioni che sarà inviato alle autorità competenti e ai rappresentanti dell'industria e del mondo venatorio per il contrasto a questo nuovo attacco disarmista.
Il documento, lungo dieci pagine, fa riferimento a ben trentatrè ricerche scientifiche che smontano le conclusioni dell'ECHA per quanto riguarda l'impatto ambientale e l'inquinamento causato dalle munizioni a base di piombo in ambito venatorio e sportivo; la loro tossicità sull'ambiente e sugli animali, nonché su chi mangi selvaggina cacciata con munizioni al piombo; i rischi per la salute legati all'uso di pesi da pesca in piombo; e la viabilità di caricamenti alternativi per la sostituzione di quelli al piombo nella pratica sportiva e venatoria, oltre agli aspetti socioeconomici di un'eventuale tornata di restrizioni.
Importante senza dubbio la critica all'impostazione del documento dell'ECHA – ancora una volta paternalisticamente improntato alla protezione dei cacciatori e dei tiratori da loro stessi, che a loro piaccia o no, e che sia o meno effettivamente necessario! – ma ancora più importante è il fatto che finora LEX è stata l'unica organizzazione ad esprimere pubblicamente la propria opposizione ai rilievi dell'ECHA.
La palla ora è nel campo dei rappresentanti dell'industria e delle associazioni venatorie, che dovranno impegnarsi per evitare una nuova tornata di restrizioni che avrebbe un impatto disastroso su tutto il mondo armiero europeo. Resta da vedere, certo, se il Parlamento Europeo vorrà ascoltare l'ECHA e richiedere un Impact Assessment completo – che, se tanto ci dà tanto, conterrebbe ancora una volta dati parziali e artefatti per sostenere la necessità di ulteriori restrizioni inutili! – o se invece capirà che potrebbe non essere il caso di colpire ancora una volta milioni di persone che già non aspettano altro che le elezioni europee di maggio 2019 per dare a Bruxelles e Strasburgo il loro Feedback su quanto abbiano gradito la nuova direttiva europea sulle armi.
Clicca qui per leggere e scaricare i rilievi di LEX al rapporto ECHA (in inglese)