Legge: l'esercizio del tiro nei fondi di proprietà privata
ARMI e LEGGE / le criticità nell'esercizio del tiro nel proprio terreno: leggi e consigli utili per rimanere nella legalità
Questo approfondimento nasce dall'esame di un caso realmente accaduto e che potrebbe riguardare molti tiratori che siano proprietari di terreni in cui posizionare dei bersagli, anche il semplice barattolo di latta, e volessero esercitarsi nell'attività di tiro ludico con armi da fuoco.
Quante volte al poligono avete sentito un amico dire: “ho un terreno in campagna dove potrei serenamente allenarmi al tiro perché non c'è nessun vicino per chilometri, ma non lo faccio perché mi è stato detto che è vietato”.
Ebbene, la risposta è corretta? è veramente vietato esercitarsi al tiro nella nostra proprietà?
Cerchiamo di dare una risposta chiara e vediamo con ordine cosa potrebbe accadere e cosa è realmente accaduto ad un tiratore regolarmente munito di porto d'armi per uso di tiro al volo.
La nostra normativa non vieta l'esercizio del tiro nella proprietà privata da parte del proprietario semplicemente perché non vi è nessuna legge che espressamente definisca detta attività come illecita o proibita.
Vi è normativa di settore che disciplina i requisiti dei poligoni del TSN e di quelli privati (anche oggetto di novità che verranno analizzate in altra occasione), ma nessuna norma specifica vieta al proprietario di un’area di esercitare attività di tiro a condizione che siano rispettate altre norme che, differentemente, renderebbero illecita detta attività.
Vediamo quindi quali sono le norme che vanno oggettivamente e tassativamente rispettate:
L'articolo 703 del Codice Penale recita:
703. Accensioni ed esplosioni pericolose.
Chiunque, senza la licenza dell'autorità, in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa, spara armi da fuoco [c.p. 704], accende fuochi d'artificio, o lancia razzi, o innalza aerostati con fiamme, o, in genere, fa accensioni o esplosioni pericolose, è punito con l'ammenda fino a euro 103.
Se il fatto è commesso in un luogo ove sia adunanza o concorso di persone, la pena è dell'arresto fino a un mese [c.p. 420].
Altra norma di fondamentale importanza che si ritiene vada rispettata sia quella di cui all'art. 21, lett. E ed F, della L. 157/1992, che è quella che disciplina l'attività venatoria, non quella di tiro in senso stretto, ma fornisce un fondamentale supporto per stabilire le distanze minime di legge tra il luogo in cui si vuole esercitare l'attività di tiro ed altri luoghi di rispetto.
L'articolo 21 della Legge 157/1992, alle lettere E ed F vieta:
e) l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali;
f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;
In altri termini: bisogna essere certi di NON trovarsi in prossimità di case o centri abitati, per non destare allarme o arrecare disturbo che sia punibile ai sensi dell'art. 703 c.p.
La distanza da altri fabbricati, vie pubbliche, ferrovie e gli altri luoghi di rispetto definiti dall'art. 21 Legge 157/1992 è altresì fondamentale; a seconda del tipo di arma che si usa è necessario rispettare da un minimo di 150 metri ad una volta e mezza la gittata dell'arma che si utilizza (ma qui bisogna tenere in debito conto che, laddove si intenda utilizzare una carabina, questa distanza di sicurezza equivale a migliaia di metri!)
Riassumendo: quando l’abitazione più vicina dista oltre 1,5 volte la gittata massima della propria arma sarà palese ed assodato che sparando nel fondo privato non ci si trovi nelle condizioni previste dal TULPS per dover richiedere la licenza di cui all’art. 57 comma 1.
Per sapere qual è la gittata massima della vostra arma è sufficiente scaricare uno dei tanti calcolatori balistici disponibili come App per lo smartphone. Inserendo calibro, lunghezza della canna, peso del proiettile e velocità di uscita, sarete in grado di definire con buona approssimazione la gittata massima dei colpi che state sparando.
Potrete poi visualizzare il luogo dove vi trovate su Google Earth o su altri siti che offrono foto dal satellite ed individuate la casa più vicina, calcolandone la distanza.
Un ultimo accorgimento può essere quello di avvisare preventivamente la Stazione dei Carabinieri in modo da evitare incomprensioni sulle origini degli spari e per evitare inutili procurati allarmi.
Questa preventiva comunicazione non può scongiurare il rischio che qualcuno, all’insaputa di tutto ciò, decida di intervenire ugualmente, ma almeno avrete di molto ridotto il rischio e con la vostra preventiva comunicazione potrete dimostrare la vostra assoluta buona fede ed attenzione al rispetto delle norme ed alla sicurezza pubblica.
Completamente diverso è invece il caso del fondo chiuso che viene adibito a vero e proprio campo di tiro: a questo argomento e all’Art. 57 del TULPS, GUNSweek.com dedicherà uno specifico approfondimento.
È doveroso precisare che effettivamente esiste una norma che sembrerebbe disciplinare lo sparo in luoghi privati: è l’art. 57 del T.U.L.P.S.
Vediamo cosa dice:
“Senza licenza dell’autorità locale di pubblica sicurezza non possono spararsi armi da fuoco né lanciarsi razzi, accendersi fuochi di artificio, innalzarsi aerostati con fiamme, o in genere farsi esplosioni o accensioni pericolose in un luogo abitato o nelle sue adiacenze o lungo una via pubblica o in direzione di essa.
È vietato sparare mortaletti e simili apparecchi.
La licenza è altresì richiesta per l'apertura o la gestione di campi di tiro o poligoni privati.
Il sindaco deve essere, comunque, sentito per gli aspetti di competenza dell'ente locale, quando non è lo stesso a rilasciare la licenza.
Nel regolamento sono definite le modalità di attuazione del presente comma e la relativa disciplina transitoria.”
La norma apre con un generale divieto di sparare “…in un luogo abitato o nelle sue adiacenze o lungo una via pubblica o in direzione di essa”, pertanto è speculare alle norme sopra citate inserite nella Legge 157/1992.
Tale disposizione di legge, è stata novellata nel 2010 dal D. Lgs. 204, che ha introdotto i commi 3° e 4° per disciplinare l’esercizio dell’attività dei poligoni e campi di tiro da parte dei privati (quindi, tutti quei soggetti diversi dallo Stato e dall’UITS), i quali si dovranno munire della licenza dell’Autorità locale di P.S.
Un caso reale
Analizziamo ora il caso reale che ha dato spunto a questo articolo, del quale verificheremo anche il contenuto della Sentenza di assoluzione emessa al termine del processo penale.
Un cittadino munito di regolare licenza per l'esercizio del tiro al volo trasportava una propria arma (Glock 19) con relativi caricatori e munizioni, presso un proprio fondo privato in aperta campagna, in cui si trova un laghetto ed una collina. Detto terreno, peraltro, risultava recintato verso la pubblica via in modo da non consentire l'accesso, nemmeno, occasionale da parte di estranei.
Dopo aver posizionato dei bersagli e indossato delle cuffie, il proprietario del terreno ha iniziato la sua esercitazione di tiro al bersaglio. La direzione degli spari era rivolta verso il laghetto dietro cui è posizionata la collina ed il terreno di proprietà che si estendeva per una distanza tale da garantire sicurezza per tutti.
Nelle adiacenze di detto luogo si trova un’altra abitazione, i cui proprietari, allarmati dagli inusuali spari, chiamavano i Carabinieri che, giunti sul luogo, sequestravano arma, caricatori e munizioni e denunciavano l'accaduto alla competente Procura della Repubblica.
Il Pubblico Ministero confermava il sequestro dell'arma e delle munizioni e contestava i reati di cui agli artt. 12 e 14 L.497/74 in relazione agli artt. 4 e 7 L. 895/67 ed art. 697 c.p. (tali norme sono tutte relative al porto ed alla detenzione abusiva di armi). Il tiratore veniva tratto a giudizio sulla base delle suddette contestazioni.
In sostanza, al tiratore veniva contestato di aver portato e detenuto abusivamente armi che aveva regolarmente denunciato e che aveva trasportato presso il proprio fondo con un regolare porto d'armi.
Il processo vedeva la testimonianza degli operanti (Carabinieri) che confermavano di aver sequestrato le armi perché a loro modo di vedere il porto d'armi dell'imputato non avrebbe consentito di portare le armi al di fuori di un tracciato e della provincia di residenza. (il terreno, infatti, si trova al confine tra due comuni ricadenti in due differenti provincie).
Potete immaginare lo sbigottimento del sottoscritto che, da difensore, ha dovuto spiegare che l'obbligo di comunicazione del tracciato per il trasporto delle armi o l'autorizzazione ad uscire dalla provincia non sono propri del porto d'armi ad uso tiro a volo e che la circolare del Ministero dell'Interno n.559-C-3159.10100(1) del 14.2.1998, pubblicata sulla G.U Serie Generale n. 48 del 27.02.1998, da ormai un ventennio, aveva fatto chiarezza sulla questione.
Fortunatamente venivano ascoltati anche un ispettore della Polizia di Stato, per anni inserito nei ruoli della Questura, ed in particolare dell'ufficio Porto d'Armi, che spiegava come fosse valido il titolo di porto d'armi ad uso di tiro a volo su tutto il territorio nazionale, senza vincoli di tracciato e che si poteva esercitare il tiro nei fondi privati rispettando delle regole di base di sicurezza.
Veniva anche ascoltato un testimone, presente al momento del sequestro, che confermava che l'area era del tutto recintata e sicura e che non vi era nessuna possibilità di colpire bersagli anche accidentalmente.
All'esito del giudizio veniva emessa sentenza che statuiva che l'aver trasportato l'arma fuori dall'abitazione con un regolare porto d'armi non costituisce reato, anche perché le finalità con cui si era trasportata l'arma erano compatibili con quelle del porto d'armi per il tiro al volo, finalità di esercizio del tiro, “seppur in un luogo non autorizzato e seppure con le cautele di cui sopra”.
Ciò che maggiormente colpisce è che le contestazioni che vengono mosse alle persone munite di porto d'arma (qualunque esso sia) che portano una o più delle loro armi fuori del luogo in cui esse sono denunciate, sono spesso quelle di cui all'art. 12 L. 497/74, che riprende e modifica l'art. 4 L. 895/67 e che testualmente recita “Chiunque illegalmente porta in luogo pubblico o aperto al pubblico le armi o parti di esse... omissis”.
Ricordo a me stesso, ed auspico che lo vogliano ricordare anche i P.M., che il titolo del porto d'armi autorizza, nel rispetto delle rispettive normative, il porto o il trasporto dell'arma e, quindi, contestare ad un titolare di porto d'armi dei reati che si fondano sull'illegalità del porto è, a volte, una contraddizione in termini che, spesso, si risolve con l'assoluzione dell'imputato, proprio perché il possesso del titolo di porto d'arma rende legale il “porto” dell'arma.
La stessa Sentenza del Tribunale di Viterbo richiama infatti un passaggio di altra pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, Sez. III, n.14749, del 20.1.2016, che testualmente recita: “l'autorizzazione al porto di un fucile rilasciata per l'esercizio della caccia rende legittimo il porto di detta arma anche se attuato non per l'attività venatoria, ma per fini diversi, anche non leciti (in tal senso si veda da ultimo, Sez. 1, n. 8838 del 08/01/2010, Curridori, Rv. 246379; conf. Sez. 1, n. 19771 del 24/4/2008, Franchina, Rv. 240376). E' stato, in particolare, chiarito che le finalità per le quali il titolare di una licenza si avvalga dell'autorizzazione concessagli sono, in genere, penalmente irrilevanti... omissis”.
Anche in questo caso, infatti, è stato riconosciuto che il porto d'armi dell'imputato era valido e gli consentiva di trasportare la propria arma fuori dalla propria abitazione e fino al fondo di sua proprietà senza violare alcuna norma.
La Sentenza in esame però recita anche “per quel che concerne la condotta consistente nell'aver esploso dei colpi in un luogo non autorizzato quale poligono alcuna imputazione è stata elevata dal Pubblico Ministero, né appare necessario disporre la trasmissione degli atti, rilevandosi che, con riferimento alla eventuale ipotesi contravvenzionale configurabile (art. 703 c.p.), è ormai decorso il termine massimo quinquennale di prescrizione.”
Orbene, in questo caso la Sentenza ha disposto l'assoluzione del cittadino poiché il fatto non sussiste ed ha anche disposto la restituzione delle armi sequestrate, quindi si può serenamente affermare che sia finita bene per il malcapitato imputato, ma è opportuno segnalare che vi è un evidente discrasia tra quanto statuito in Sentenza e quanto è pacifico nella disciplina di settore.
La Sentenza, infatti, ancora recita di “luogo non autorizzato come poligono”, ma auspicando di aver ben spiegato ed argomentato che non esiste un obbligo in capo al privato di farsi autorizzare un luogo per esercitare il tiro nel fondo di sua proprietà che non si trovi nelle adiacenze dei centri abitati e della pubblica via, non si vede come il Giudice possa invocare una autorizzazione di un terreno come se questo fosse un poligono aperto al pubblico.
All'esito di un processo così approfondito ci si sarebbe aspettato che si prendesse atto che non è previsto in nessuna norma che si debba ottenere una qualche autorizzazione per esercitare il tiro in un fondo privato da parte del legittimo titolare di un porto d'armi e proprietario o legittimo detentore dell'area stessa.
Anche se questa presa d'atto della liceità del luogo in cui si esercita il tiro in Sentenza non lo abbiamo trovato, al Giudice va il merito di aver accertato che il tiratore non aveva commesso alcun fatto illecito e pertanto possiamo affermare, vista l'ampia formula assolutoria, che “Giustizia è fatta”.
Riferimenti Giurisprudenziali
Sentenza Tribunale di Viterbo 472/2017 udienza del 23.3.2017
Sentenza Corte di Cassazione Sez. III n.14749 del 20.1.2016
Alcune delle pronunce indicate sono disponibili pubblicamente sui siti dell'Organo Giudicante che le ha emesse: