C'era una volta Sergio Leone: in mostra all'Ara Pacis, gli 'spaghetti western' e non solo
Dal 17 dicembre al 3 maggio prossimo, presso il museo dell'Ara Pacis a Roma, la mostra "C'era una volta Sergio Leone" celebra uno dei miti assoluti del cinema italiano
A novant'anni dalla sua nascita e a trenta dalla sua morte, Sergio Leone resta un grande protagonista del cinema italiano e internazionale.
Noto per aver dato al genere Western una chiave narrativa completamente nuova e originale – i suoi Spaghetti Western hanno dato un realistico tono di "sporcizia" che mancava alle patinate produzioni hollywoodiane – pur con "appena" sette film al suo attivo come regista, il suo lavoro ha influenzato l'industria cinematografica internazionale, risultando ancora oggi fonte d'ispirazione per registi di primo piano come Quentin Tarantino, oltre ad aver lanciato le carriere di attori come Clint Eastwood.
Con la mostra-evento "C'era una volta Sergio Leone" al museo dell'Ara Pacis dal 17 dicembre al 3 maggio 2020, la città di Roma ricorda oggi questo suo "cittadino", autore rivoluzionario del mondo del cinema sia dal punto di vista della narrazione che della fotografia.
Curata dal direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli, divisa in sei sezioni e realizzata col contributo del Ministero per i Beni Culturali e per il Turismo e con il contributo dell'Istituto LUCE, della SIAE, di RAI Teche, della famiglia Leone e del Ministero della Cultura e del Centro Nazionale di Cinematografia francese, la mostra offre un percorso narrativo che esplora la carriera di Sergio Leone attraverso il peplum (filone cinematografico storico-mitologico) e lo Spaghetti Western per poi trovare il culmine nel kolossal C'era una volta in America.
Grazie ai preziosi materiali d’archivio forniti dalla famiglia Leone e dalla Unidis Jolly Film, i visitatori potranno scoprire come le idee per il cinema di Sergio Leone nascevano nello studio del leggendario regista; ammirare i suoi cimeli personali e la sua libreria; e farsi un'idea di cosa doveva essere la vita dietro le macchine da presa dei suoi film attraverso modellini, scenografie, bozzetti, costumi, oggetti di scena, sequenze indimenticabili e le fotografie di Angelo Novi, che di Leone ha seguito tutto il lavoro sin da C’era una volta il West.
C'ERA UNA VOLTA SERGIO LEONE
Museo dell'Ara Pacis (Roma) - dal 17/12/2019 al 03/05/2020
ORARI
- tutti i giorni ore 9.30-19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima)
- 24 e 31 dicembre 9.30-14.00
- 1 gennaio ore 14.00-20.00
- Chiuso il 25 dicembre e 1 maggio
BIGLIETTO D'INGRESSO
- Intero € 10,50 - Ridotto € 8,50
SERGIO LEONE, LE ARMI UBERTI E IL CINEMA WESTERN
Cosa sarebbe stato il cinema western di Sergio Leone senza le repliche Uberti?
Come tutti sappiamo (e chi non lo sa 'dovrebbe') i film western di Sergio Leone sono diventati famosi per i suoi 'primissimi piani' sugli occhi dei protagonisti, sui loro sguardi, sulle loro mani e in generale, sui dettagli. E assieme a tutto questo, anche per le inquadrature di primo piano, a pieno schermo, delle armi utilizzate dai protagonisti.
E questo perché a differenza della gran parte della filmografia western classica americana, Sergio Leone ebbe per primo la possibilità di utilizzare delle armi 'storicamente autentiche': ma non degli "originali d'epoca', bensì delle riproduzioni fedeli di modelli originali americani Colt e Winchester.
Il film 'Per un pugno di dollari' è del 1964. Da appena 5 anni a Gardone Val Trompia era già attiva la Uberti, azienda nota per le sue fedeli riproduzioni di armi western, che proprio anche ai film di Sergio Leone deve gran parte della sua notorietà: dominando prima sui set dei nostri spaghetti western, ma poi già dal 1968, con l'uscita di 'C'era una volta il West', attirò anche l'attenzione di Hollywood.
Dai film western di Sergio Leone, oggi non si contano più i film, telefilm e serie TV western in cui sono state utilizzate armi Uberti, con una percentuale di 'presenza sui set' che si aggira intorno al 95%.
Sergio Leone era un attento curatore della 'fedeltà storica' e del realismo delle scene, dei personaggi e di tutto quanto 'viveva' nelle scene. E le armi, ovviamente, non facevano eccezione.
Prima di lui, le produzioni americane di film western avevano sempre utilizzato armi originali d'epoca: a volte anche pezzi di pregio, che spesso appartenevano proprio ai protagonisti (come nel caso di John Wayne).
Ma per tutte le altre scene, specie quelle d'azione o di massa, le armi utilizzate erano spesso 'taroccate', ovvero armi magari anche originali, ma non sempre storicamente coerenti con la storia raccontata e spesso così modificate per scopi scenici da non avere più il loro aspetto originale e non poter quindi essere utilizzate per essere mostrate in primo piano, nelle mani dei protagonisti, senza che i più esperti fra il pubblico notassero cose strane.
E proprio come Sergio Leone, anche Aldo Uberti era un attento curatore della 'fedeltà storica' delle armi che realizzava, sempre cercando (riuscendoci) di riprodurle nel modo più fedele. La sintonia fra questi due grandi italiani fu istintiva: uno chiedeva, l'altro realizzava.
In questa foto, una replica di una Colt Navy 1851 convertita a retrocarica, per una serie limitata che Uberti ha realizzato per il suo cliente americano Cimarron Firearms.
In pratica, questo modello è la replica di una Colt Navy 1851 in calibro .36 ad avancarica, di cui mantiene ancora la caratteristica leva di caricamento sotto la canna, ma che in realtà è stata modificata a retrocarica per utilizzare munizioni in calibro .38 Special.
Si tratta sostanzialmente dello stesso modello di pistola che abbiamo tutti visto in film come 'Il Buono, il Brutto, il Cattivo', ma anche 'il mio nome è nessuno' con Terence Hill e in tutti i suoi altri film western con Bud Spencer.
La versione particolare che vedete in questa foto ha il calcio decorato con il serpente d'argento che Clint Eastwood aveva sulla pistola nei film 'Per un pugno di dollari' e 'Per qualche dollaro in più' (ma in questi due film, la pistola era una Colt 1873, comunque sempre Uberti).
Grazie alle armi realizzate da Uberti, Sergio Leone ebbe per primo nella cinematografia western internazionale la possibilità di fare tre cose:
- utilizzare modelli di armi coerenti con il periodo storico in cui il racconto si svolgeva.
- rendere le armi 'protagoniste' del racconto visivo - anche grazie ai primissimi piani sulle volate delle canne - consentendo in questo modo di caratterizzare meglio i personaggi e dare più forza alle inquadrature.
- realizzare scene d'azione più verosimili, senza rischiare di rovinare armi originali, per altro difficili da trovare a quei tempi, al di fuori degli Stati Uniti..
Il fatto di non doversi preoccupare di cercare, rovinare o distruggere costose armi originali permise a Sergio Leone di creare scene d'azione, con armi da fuoco, che ancora oggi sono ben impresse nel ricordo di tutti noi.
Lo stesso Clint Eastwood fece tesoro di queste sue personali esperienze sui set dei film western di Sergio Leone, nelle scene d'azione con le armi Uberti: cosa che ha poi portato sempre con sé in tutti i suoi successivi film western hollywoodiani, dove le armi Uberti non lo hanno mai più abbandonato.
Da Clint Eastwood in poi, il cinema americano ha imparato ad apprezzare le repliche storiche Uberti, per gli stessi tre vantaggi che già Sergio Leone aveva identificato, e in questo modo, ha permesso la crescita di un marchio, quello Uberti, grazie al quale milioni di appassionati in tutto il mondo hanno alimentato le loro passioni storiche e sportive in un modo, con una qualità oggettiva, e un successo che forse nessuno negli anni sessanta avrebbe potuto immaginare.