Difesa personale, pistole, amuleti e magia apotropaica
La magia apotropaica, ovvero oggetti, simboli e gesti capaci di scacciare il male e la sfortuna dalla propria persona. Una necessità dell’uomo di 30.000 anni fa come anche, ancora oggi, di molti appassionati di armi: soprattutto quelli meno preparati al loro uso.
Zampe di coniglio, quadrifogli, ferri di cavallo, pietre rare… sono tutti esempi di amuleti ben noti. Gli amuleti sono diffusissimi in tutte le culture, anche in quelle che nominalmente si dissociano dalla "magia": troviamo amuleti nella forma di oggetti con scritture sacre nell'Islam, reliquie di santi e immaginette o rosari benedetti nel cristianesimo.
Questo perché l'amuleto è parte della mente umana e deriva da due punti fondamentali:
1) Il timore dell'incertezza e del male che ci può venire da situazioni impreviste
2) La pigrizia insita nell'animo umano.
Il nocciolo dell'amuleto è: ora siamo protetti, e non serve fare altro per stare al sicuro.
Il punto cruciale di questo approccio è che è molto pericoloso, perché porta chi lo adotta a ignorare ogni cautela che servirebbe a evitare di trovarsi nella situazione pericolosa da cui l'amuleto dovrebbe proteggerlo, arrivando a estremi abbastanza assurdi, visti da fuori: ad esempio, durante la rivolta dei Boxer in Cina (1899), i Boxer erano convinti che il loro addestramento li rendesse a prova di proiettile, e caricavano a mani nude le linee di fucilieri inglesi e russi. Il risultato è facilmente immaginabile.
Purtroppo, quando ci si accorge che l'amuleto non funziona, di solito è troppo tardi.
Oggi molte persone parlano delle armi da fuoco, vuoi per difesa abitativa, vuoi personale, come si parla di solito degli amuleti: ho una pistola, sono protetto. Spesso al punto di spendere cifre considerevoli per "migliorare" l'arma (“potenziare” l'amuleto) per renderlo più efficace di quelli che… hanno gli altri amici al poligono.
E come già 30.000 anni fa, possedere un amuleto potente significava migliorare il proprio status sociale nella comunità, così anche oggi, possedere una Glock super customizzata significa "credere" di possedere "capacità" superiori. Il mondo è cambiato molto dai quei tempi, ma la mente umana funziona ancora allo stesso modo.
Come disse Jeff Cooper, però: "avere una pistola non ti rende protetto più di quanto avere una chitarra ti renda un musicista".
Non solo la pistola bisogna saperla usare, ma bisogna anche avere l'occasione di poterla usare... e i criminali non sono stupidi, e cercano di ridurre a zero le possibilità della vittima di poter opporre resistenza: a cosa serve avere una pistola per difesa abitativa se ci si sveglia con un rapinatore che ci punta la sua pistola in faccia?
Bisogna anche sapere quando si può usarla, e quando no. Perché le conseguenze di un uso indebito di un’arma sono sempre potenzialmente gravissime e distruttive della vita di una persona onesta (voi stessi, oppure il classico passante…).
Per fortuna, esiste formazione* di qualità che ci insegna a usarla, formazione che ci insegna che ciò che prima consideravamo imprevedibile non solo può di solito essere previsto, ma che ci sono persino tutta una serie di cautele che si possono adottare per evitare a priori di trovarsi in situazioni in cui dovremo usare un'arma per difenderci.
(* NDR: per “formazione” qui ci riferiamo a corsi seri, forniti da istruttori certificati o di riconosciuta esperienza, al contrario dei troppi ciarlatani improvvisati che ormai popolano molti campi di tiro privati, da quando alcuni enti di promozione sportiva hanno iniziato ad elargire con leggerezza “diplomi di istruttore di tiro” a persone prive di competenza ed esperienza, ma felici di pagare pur di ottenerne uno, e poter poi così offrire corsi a pagamento a persone ingenue e poco accorte).
Parte di questa formazione non ha nulla a che vedere con le armi, ma riguarda fattori come skill interpersonali, negoziazione e il saper tenere a bada il proprio ego. Capacità che pagano dividendi enormi, specie se si pensa alle gravissime conseguenze di un uso, anche legittimo, di un'arma.
La formazione di qualità ci insegna insomma che non solo gli amuleti non funzionano, ma che in realtà non ne abbiamo proprio bisogno. Questo per quanto riguarda il punto 1).
Il rovescio della medaglia è il punto 2): costa tempo e denaro, impegno fisico e psicologico, e spesso una considerevole autocritica e rivalutazione della nostra persona.
Ma ne vale la pena. Tra spendere cifre in accessori o armi migliori, e spenderle in formazione e allenamento usando ciò che già abbiamo, la seconda è sempre più pagante.
Ora, fatte queste considerazioni, e adottando la massima onestà verso noi stessi, dobbiamo chiederci: abbiamo bisogno di un'arma, o di un amuleto?