Una Beretta che non vedremo mai
Beretta M93A e Beretta APX. Voglio fare alcune considerazioni su queste recenti pistole Beretta. Propongo anche per scherzo la pistola che avrei voluto nascesse dalla casa gardonese ma che probabilmente non vedrò mai.
Beretta vende da anni la sua datata pistola serie 92, proponendo innumerevoli rivisitazioni dello stesso modello. All’epoca della sua presentazione la pistola non aveva molte rivali, e fu accolta favorevolmente dal pubblico, grazie anche all’appeal dato dalla sua adozione come pistola d’ordinanza dell’esercito USA e altre forze di polizia.
I vari difetti posseduti da questa piattaforma full size, inizialmente sono stati messi in secondo piano a causa della mancanza di alternative e in seguito per la diffidenza che inizialmente gli utenti nutrivano per la Glock, arma con fusto in plastica e priva di un rassicurante cane esterno.
La Glock non è stata la prima striker apparsa sul mercato ma sicuramente la prima ad aver avuto successo e ad aver scardinato tutte le classifiche di vendita, facendo apprezzare il sistema a percussore semi lanciato e iniziando a essere la pistola più venduta e copiata nel mondo.
Negli anni la casa gardonese ha proposto innumerevoli varianti di facciata della pistola serie 92. Modifiche poco sostanziali che hanno riguardato guancette, finiture, intarsi o particolari meccanici di minore entità.
L’ultima trovata della Beretta nella serie 92 è stata la modello M9A3, ennesima variante della 92 in cui per soli 1.800 euro (con la stessa cifra compriamo 3 Glock), possiamo portarci a casa una normale 92 verniciata di giallo che ha ricevuto la sostituzione di qualche componente tipo mire al trizio o pulsante sgancio caricatore maggiorato che, chiunque con un po’ di manualità può applicare da solo su una normale Beretta serie 92/98.
La pistola è poi dotata di slitta per applicazione congegni di illuminazione mentre la canna ha la parte anteriore filettata per applicare silenziatori (ove permessi) o compensatori.
Quanto all'effettiva praticità di queste “migliorie”, a parte i pareri entusiasti dei vari tattici da poltrona, come me del resto, a mio contrario parere il pulsante di sgancio maggiorato aumenta il rischio di sganciare il caricatore inavvertitamente, le mire al trizio funzionano fino a quando abbiamo comunque bisogno di una torcia tattica e quest’ultima, se non facciamo parte di un team SWAT, è conveniente tenerla più lontano possibile dal corpo e non attaccata alla pistola.
Su queste stesse pagine di GUNSweek.com, Pierangelo Tendas ha scritto un articolo sulla Beretta M9A3, intitolandolo poeticamente “il canto del cigno della 92”. Sinceramente, io avrei schiettamente optato per “minestra riscaldata”.
Nel modello serie 92 i difetti originali non sono mai stati eliminati. L’arma è una full size con degli ingombri eccessivi che non permettono un porto agevole “off duty".
La Beretta ha ignorato che gli operatori possono avere delle complessioni molto varie. L’impugnatura della 92, ingrandita ancor più dalle spesse guancette riportate sul fusto, non consente una presa salda a chi ha mani medio piccole.
Raggiungere il grilletto per tirare il primo colpo in doppia azione rende ancora più difficile il tiro a chi ha mani e dita corte non dotate di una grande forza.
La stessa doppia azione richiede un addestramento supplementare per abituare il dito alla variazione della lunga corsa dello scatto nel primo colpo e il successivo colpo in singola azione. Altrimenti si incorre in quello che Jeff Cooper ha definito “crunch tick” ovvero una sorta di strappo causato dalla diversa resistenza della leva di scatto.
Tutti problemi che la Glock aveva già risolto oltre 35 anni fa.
La doppia azione che in teoria dovrebbe scongiurare la partenza di colpi indesiderati è inutile se si evita di portare il colpo in canna, per inserirlo solo quando si è in situazioni di pericolo ma che non richiedono di sparare. Naturalmente chi inserisce la cartuccia solo prima di sparare non incorre nel “crunch tick”. Però in questo caso può emergere un altro problema.
La sicura abbatticane, in seguito a manipolazioni del carrello eseguite in velocità e sotto stress può abbassarsi ed entrare inavvertitamente in funzione, impedendo all’arma di sparare con conseguenze disastrose per l’operatore.
La Beretta fornisce varianti con sicura che funziona solo come abbatticane, segno che qualcuno ha notato il problema (in Francia). Quelli che hanno la versione normale possono invece morire - come accadde quasi trent'anni fa a uno dei carabinieri uccisi dai fratelli Savi (la banda della Uno Bianca).
Le guide del carrello e del fusto ricavate per tutta la lunghezza degli stessi, generano un notevole attrito e richiedono una pulizia puntuale dell’arma. Il blocchetto oscillante soggetto a rottura richiede una sostituzione programmata in relazione ai colpi sparati. La complessa meccanica dell’arma è composta da innumerevoli parti che possono essere soggette a rottura.
I pregi della Beretta serie 92/98
La pistola serie 92, se perfettamente pulita e oliata, ha il pregio di essere virtualmente esente da malfunzionamenti. La canna lasciata scoperta e il sistema di chiusura che fa arretrare la canna in asse, lasciando al blocchetto sottostante il compito di oscillare e liberare il carrello nel ciclo di sparo, rende l’arma affidabile. A questo contribuisce la presentazione della cartuccia praticamente in asse con la canna.
Però a ben vedere la bilancia pende un po’ troppo da una parte. Infatti negli anni, come ho anticipato, hanno preso piede le pistole con fusto polimerico e sistema di scatto “striker”.
La semiautomatica per antonomasia che ha fatto da apripista a questa nuova generazione di armi corte è la rinomata Glock. La pistola austriaca ha subito innumerevoli tentativi di imitazione, spesso mal riusciti. Dopo qualche anno di attesa ponderata, oltre 35, anche la Beretta si è decisa a costruire la sua polimerica copiando la Glock. Così è nata la pistola Beretta APX, che ho avuto modo di provare durante una sessione di tiro.
La linea, del clone Glock della Beretta, a differenza di altri prodotti della stessa casa, risulterebbe un po’ anonima se non fosse per i singolari intagli di presa ricavati lungo tutto il carrello. Memori delle critiche all’impugnatura della serie 92, semmai Beretta ne tenga conto, quella della APX risulta fin troppo stretta con un profilo a botte che almeno per la mia mano non consentendo di togliere l’aria sotto l’elsa, provoca un discreto rilevamento durante il tiro. La leva dell’hold open, almeno nell’esemplare in prova, risulta tagliente.
La leva del grilletto durante il riaggancio del sistema di scatto è fiacca, e impedisce un tiro veloce se confrontato con la mia fidata Glock 19. Ma forse occorre solo fare abitudine. Altro problema riscontrato nell’esemplare in prova: i colpi sono andati circa 15 cm in basso, rispetto il punto mirato, su bersaglio posto a 12 metri. Questo costringerà il possessore a sostituire il mirino o a dare qualche colpo di lima a quello installato.
Insomma, serviva fare un altro clone della Glock di cui il mercato è più che saturo e tra l’altro più costoso dell’originale?
Visto che la APX è stata copiata in maniera vistosa alla Glock, mi sono invece divertito a immaginare una Beretta 92 virtuale, con delle modifiche sostanziali, disegnando poi il modello con un programma di foto ritocco. Quindi ho battezzato questa pistola “Berlock”.
BERLOCK: la mia pistola immaginaria
- Innanzi tutto ho accorciato la canna di circa un centimetro, diminuendo anche se di poco l’ingombro in lunghezza, a beneficio del porto inside.
- Ho mutuato la leva arresto carrello e il pulsante sgancio caricatore dalla pistola Glock come del resto ha fatto Beretta nella sua APX.
- Ho immaginato di sostituire il sistema di scatto ad azione mista con un sistema striker tipo Glock come adottato anche nella APX
- La controversa leva abbatticane è stata di conseguenza eliminata e naturalmente anche il cane.
- Visto che è presente anche sulla APX, ho applicato il grilletto dotato di sicura drop.
- Sostituito il guardamano “combat” con uno round per migliorare la proprietà “snag free” e l’aspetto visivo.
- Il fusto, pensato in polimero, ha permesso di ridurre lo spessore complessivo dell’impugnatura anche in virtù dell’eliminazione delle guancette.
- Canna e carrello ricalcano le linee della iconica Beretta serie 92, lasciando immutato e riconoscibile lo stile delle pistole italiche, ma dotando la mia pistola immaginaria di una meccanica semplice e moderna.
Il risultato almeno per il “creatore” non è male.
Ora sono pronto a ricevere le critiche e gli improperi di tutti gli appassionati Beretta.