Certificato di Idoneità al Maneggio Armi: parliamone
In merito al rilascio del Certificato di Idoneità al Maneggio Armi, negli ultimi mesi si è parlato molto di una sentenza che ha destato molto clamore, aprendo le porte ad un acceso dibattito. Proviamo a capire perché.
Premessa
L'Art. 8 della Legge 110/1975 stabilisce che per poter richiedere una licenza di acquisto o di porto d’armi, è necessario dimostrare l'idoneità tecnica al maneggio delle armi, accertata tramite il Certificato di Idoneità al Maneggio Armi, un documento ufficiale rilasciato da una Sezione del Tiro a Segno Nazionale; in alternativa, è possibile presentare un congedo militare rilasciato entro i 10 anni precedenti.
Da un punto di vista strettamente normativo, ad oggi, le Sezioni del Tiro a Segno Nazionale sono gli unici enti preposti al rilascio del suddetto certificato.
Una sentenza interessante
La sentenza in questione è la numero 423 del 2025, emessa in data 26 maggio dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale Ordinario di Brescia.
Per coloro che non hanno seguito la vicenda (ma crediamo siate in pochi), cerchiamo qui di riassumerla brevemente.
Nel 2019, l’ufficio armi della Divisione P.A.S.I. (Polizia Amministrativa, Sociale e dell’Immigrazione) della Questura di Bergamo, probabilmente si è insospettito constatando che diversi cittadini di quella provincia si presentavano ai loro sportelli per richiedere il rilascio di una licenza di porto d’armi esibendo un Certificato di Idoneità al Maneggio Armi (CIMA), rilasciato dalla Sezione del TSN di Gardone Val Trompia (BS).
L’anomalia consisteva nel fatto che sia in termini sia di distanza che di tempi di percorrenza, da Bergamo risultavano molto più vicine le Sezioni del TSN di Bergamo, Brescia e Milano, per cui risultava strano che per ottenere il suo CIMA un cittadino di Bergamo dovesse andare fino in Val Trompia.
Gli operatori di polizia della Divisione P.A.S.I. (Polizia Sociale, Amministrativa e dell'Immigrazione), da cui dipendono anche controlli in materia di licenze di vario tipo, decisero quindi di raccogliere informazioni da una donna che aveva esibito il suo CIMA, rilasciato dalla Sezione TSN di Gardone Val Trompia, apprendendo da essa che in realtà il corso di abilitazione al maneggio armi si era tenuto in un poligono privato di Orio al Serio (BG).
Approfondendo gli accertamenti, la Questura di Bergamo accertò anche che, nel giorno in cui quel CIMA era stato rilasciato, la Sezione del TSN di Gardone Val Trompia risultava chiusa, e che la Sezione TSN era di fatto chiusa, non operativa, già da diverso tempo.
In seguito a tale accertamento, il personale di PS della Questura di Bergamo convocò sia il Presidente della Sezione del TSN di Gardone Val Trompia che il titolare della licenza del poligono privato di Orio al Serio, scoprendo così che la collaborazione tra i due andava avanti già da parecchio tempo ed aveva portato al rilascio di ben 55 Certificati di Idoneità al Maneggio Armi.
In sostanza, chi aveva bisogno di ottenere un CIMA, anziché rivolgersi ad uno dei TSN della Lombardia, si recava nel poligono privato di Orio al Serio, dove lo stesso titolare del poligono o altri suoi collaboratori (in possesso di qualifiche di istruttore di tiro rilasciate da enti o associazioni affilate CONI, non sappiamo, ma non della Licenza Prefettizia prevista per gli istruttori di Tiro TSN), gli tenevano un corso sul maneggio delle armi, il cui esito positivo veniva comunicato al Presidente della Sezione del TSN di Gardone Val Trompia, che provvedeva a redigere il certificato sul modello conforme imposto dall’Unione Italiana Tiro a Segno.
A parere del personale della Questura di Bergamo, il comportamento tenuto dal Presidente della Sezione del TSN di Gardone Val Trompia e dal titolare del poligono privato di Orio al Serio poteva configurare il reato di “falso in atto pubblico”, in quanto il Presidente del TSN attestava falsamente che il corso di abilitazione si fosse tenuto presso la sua Sezione, mentre in realtà si era svolto altrove, per giunta fuori dall’ambito dei poligoni controllati dalla UITS, motivo per cui entrambi i soggetti, ritenuti responsabili del reato in concorso tra loro, vennero deferiti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia (poiché il reato era stato commesso a Gardone Val Trompia, per cui la competenza territoriale era della Procura di Brescia).
Il Pubblico Ministero a cui il fascicolo venne affidato ritenne fondata la denuncia inoltrata dalla Questura di Bergamo, per cui avviò il procedimento penale.
Come abbiamo detto in apertura, la sentenza è giunta solo 6 anni più tardi, a dimostrazione che la questione fosse molto articolata e complessa ed abbia richiesto un’accurata opera di approfondimento, al termine della quale il Giudice per la Indagini Preliminari ha pronunciato la sentenza n. 423, con la quale assolveva entrambi gli imputati dalle accuse loro mosse, di fatto stabilendo che l’idoneità al maneggio armi di un cittadino può essere accertata anche da un soggetto diverso da un istruttore di tiro del Tiro a Segno Nazionale.
Alla pubblicazione di questa sentenza (che però è bene ricordare, è solo di un G.I.P. e, quindi, non ha il valore giurisprudenziale di una pronuncia emessa dalla Cassazione!) in molti hanno esultato, sostenendo che fosse stato finalmente chiarito che la potestà di accertare l’idoneità al maneggio armi di un cittadino italiano non spetta in esclusiva alle Sezioni del Trio a Segno Nazionale, che fanno capo alla UITS (Unione Italiana di Tiro a Segno), ma che anzi, l’idoneità al maneggio armi può essere accertata anche da istruttori di tiro certificati da altre entità collegate al CONI, come le federazioni di tiro o gli enti di promozione sportiva.
Il parere degli esperti
Non siamo mai stati inclini a facili entusiasmi, ragion per cui abbiamo approfondito l’argomento acquisendo i pareri di autorevoli giuristi, politici e addetti ai lavori. A partire da un nostro storico collaboratore, l’Avvocato Valerio ORLANDI, professionista romano da sempre impegnato nella difesa di coloro che operano nel settore delle armi e cultore della complessa materia e normativa di settore. Vediamo la sua opinione:
“Preliminarmente, mi voglio complimentare personalmente con i Colleghi che hanno patrocinato la difesa degli imputati, ossia il Presidente della Sezione TSN di Gardone Val Trompia ed il titolare del poligono privato di Orio al Serio, per il brillante risultato ottenuto e, soprattutto, con il Giudice che ha pronunciato la Sentenza di assoluzione, evidenziando una non frequente padronanza della specifica materia.
Di seguito, voglio riportare quanto è stato sancito nella suddetta sentenza, che non mi risulta sia ancora stata pubblicata online in versione integrale.
Il capo di imputazione contestato riportava che:
“nell’esercizio delle sue funzioni, rilasciava 50 diplomi d’idoneità al maneggio di armi, attestando falsamente il superamento del corso regolamentare di tiro presso la summenzionata Sezione, quando, invece, esso era stato svolto presso il poligono privato di Orio al Serio, sotto la direzione del signor (omissis), il quale non è neppure titolare di licenza d’istruttore di tiro…”
L’accusa ha fatto principalmente riferimento a quanto indicato dall’art. 251, co. 2, del D. Lgs. 66/2010 (1), nel quale è previsto che l’iscrizione e la frequenza di un tiro a segno nazionale sono obbligatorie, ai fini della richiesta del nulla osta all’acquisto di armi o del permesso di porto d’armi uso caccia o per difesa personale, per coloro che non hanno prestato o non prestano servizio presso le forze armate dello Stato. A ben vedere, la norma non sembra escludere che la frequentazione dei corsi per il rilascio del diploma di maneggio delle armi possa svolgersi anche al di fuori delle sezioni di Tiro a Segno Nazionale, purché siano rispettati i requisiti della iscrizione e della frequenza.
Tuttavia, nel caso di specie, deve essere affermata l’insussistenza del fatto di reato sul piano materiale, atteso che, dalla lettura dei vari diplomi di idoneità al maneggio delle armi (ricordiamo anche che essi vengono rilasciati su un modello predisposto dalla stessa UITS e, pertanto, uniforme per tutte le Sezioni del TSN) non si evince il luogo in cui è stato effettuato il corso di cui all’art. 251 d. lgs. 66/2010, ma solo l’avvenuto superamento di tale corso e l’iscrizione dell’interessato alla Sezione del Tiro a Segno Nazionale che lo rilascia.
Quindi, dal punto di vista formale, quanto attestato nei diplomi rilasciati dal Presidente della Sezione TSN di Gardone Val Trompia per i quali era stato deferito all’Autorità Giudiziaria, era sostanzialmente vero, atteso che ciascuno degli interessati aveva effettivamente svolto il corso di cui all’art. 251 del D.Lgs. 66/2010, seppure presso il poligono privato di Orio al Serio.
A prescindere, dunque, dal fatto che la frequentazione del corso all’esterno delle Sezioni del Tiro a Segno Nazionale possa avere un rilievo ai fini dell’annullamento dei diplomi a livello amministrativo, non si può non rilevare che, a livello penalistico, il reato di cui all’art. 479 c.p. non sussiste nella sua materialità, dato che il Presidente della Sezione del TSN di Gardone Val Trompia non ha dichiarato il falso nel momento in cui ha affermato che il corso era stato sostenuto da ciascuno degli iscritti.
Va ad ogni modo evidenziato che, anche laddove si ritenesse che il diploma di idoneità al maneggio delle armi sia ideologicamente falso, in quanto il corso non poteva essere svolto all’esterno delle Sezioni del TSN, difetterebbe, nel caso di specie, l’elemento psicologico del reato.
Dall’escussione (interrogatorio) del testimone e, del resto, dalla stessa annotazione di Polizia Giudiziaria dalla quale è scaturita l’iscrizione della notizia di reato, si evince che la normativa di settore in materia è particolarmente frammentata e difficilmente comprensibile, tanto che anche lo stesso teste della difesa (2) ha riferito che, al tempo dei fatti, era stato proprio l’allora Commissario Straordinario della UITS (3), nel corso di un convegno tenutosi a Milano, a sollecitare la collaborazione tra le Sezioni del TSN ed i poligoni privati, in considerazione del fatto che in molte strutture dei TSN le linee di tiro non erano agibili per vari motivi (come proprio nel caso della Sezione di Gardone Val Trompia, che non aveva ottenuto il rinnovo dell’agibilità da parte del preposto Ispettorato Infrastrutture dell’Esercito). Pertanto, la stessa UITS, per voce del suo “Presidente” pro tempore, non escludeva che la frequentazione dei corsi per il rilascio del diploma di maneggio delle armi potesse avvenire anche presso poligoni privati.
Ebbene, considerata anche la confusione esistente in materia, deve ritenersi che il Presidente della Sezione TSN di Gardone Val Trompia, nel rilascio delle attestazioni, non avesse alcuna intenzione di dichiarare il falso, confidando egli in buona fede nel fatto che fosse ormai stato ammesso che i corsi di cui all’art. 251 del D. Lgs. 66/2010 potessero essere svolti anche presso poligoni privati, quale quello di Orio al Serio, al quale aveva conferito una delega a tal fine.
In conclusione, ribadendo la soddisfazione per la pronuncia adottata che, giustamente, fa rilevare che “la norma non sembra escludere che la frequentazione dei corsi per il rilascio del diploma di maneggio delle armi possa svolgersi anche al di fuori delle sezioni di Tiro a Segno Nazionale, purché siano rispettati i requisiti della iscrizione e della frequenza”, va anche evidenziato che, tuttavia, non vi è alcuna norma che attualmente disponga che le Questure e le Prefetture possano accettare detti diplomi se l’idoneità al maneggio delle armi viene verificata e certificata non da istruttori di tiro muniti di licenza prefettizia (quali sono tutti gli istruttori di tiro del Tiro a Segno Nazionale), ma da istruttori di tiro certificati da federazioni sportive o da enti di promozione sportiva, affiliati al CONI.
Serve quindi una disposizione normativa che faccia chiarezza nel settore, evitando da un lato che vi siano dei rifiuti da parte di enti pubblici ad accettare diplomi di idoneità al maneggio armi rilasciati da soggetti diversi dal TSN; dall’altro, evitare che altri Presidenti di Sezioni TSN o di altre federazioni o enti di promozione sportiva siano chiamati a rispondere a vario titolo di reati che altre Procure della Repubblica potrebbero ritenere di voler contestare.
Per comprendere meglio il significato di questa sentenza, riteniamo utile chiarire che cosa è l’Idoneità Tecnica al Maneggio delle Armi. Lo abbiamo chiesto al Dr. Pierluigi BORGIONI, dirigente della Polizia di Stato in quiescenza, per molti anni direttore del Catalogo Nazionale delle Armi comuni da sparo, nonché autore di molte circolari ministeriali in materia di armi e responsabile dell’Ufficio armi delle Questure di Roma e Latina.
Come detto, l’articolo 8 della legge 18.04.1975 n. 110, stabilisce che chiunque voglia conseguire una licenza in materia di armi, debba dimostrare la propria capacità tecnica.
Tale capacità tecnica si considera presunta per tutti coloro che prestano servizio nelle Forze di Polizia o nei Corpi Armati dello Stato, ovvero che vi abbiano prestato servizio nei 10 anni antecedenti alla presentazione dell’istanza (4).
Per coloro che invece non hanno mai prestato servizio nei corpi armati dello Stato, la capacità tecnica al maneggio delle armi deve essere conseguita sostenendo un apposito corso presso le Sezioni del Tiro a Segno Nazionale, all’esito del quale viene rilasciato il Certificato (o Diploma) di Idoneità al Maneggio delle Armi – il cosiddetto “CIMA” o “DIMA”.
La durata del corso e la natura dello stesso viene stabilita periodicamente nel “Manifesto” pubblicato annualmente dall’Unione Italiana Tiro a Segno, ossia la Federazione sportiva da cui le Sezioni del TSN dipendono. Terminato il corso e sostenuto con esito positivo il relativo esame finale, è il Presidente della Sezione TSN a firmare il CIMA, utilizzando un modello standard fornito dalla UITS; il predetto certificato andrà poi allegato all’istanza con cui si richiede la licenza di polizia desiderata, per l’acquisto di armi o per il rilascio del porto d’armi.
Detta materia è disciplinata anche dagli articoli 62 e 63 del Regolamento di attuazione del TULPS.
In entrambe le disposizioni regolamentari (ancora oggi in vigore), viene richiamato espressamente l’articolo 16 del R.D.L. 16.12.1935, n. 2430: ovvero la norma che disciplinava (5) il funzionamento delle Sezioni del TSN. In particolare, per chi intendesse richiedere una licenza di porto d’armi e non avesse assolto gli obblighi di leva, la citata disposizione prevede l’obbligo di frequentare un apposito corso presso le Sezioni del TSN per acquisire l’idoneità al maneggio delle armi. Ma sempre lo stesso articolo, nel secondo comma, stabilisce che: “Ove nel comune o nel raggio di cinque chilometri non esista o non funzioni un campo di tiro a segno, il richiedente del permesso di armi, deve dimostrare di essere esperto nel maneggio di armi”.
L’articolo 62 del Reg. TULPS, nell’elencare i documenti da allegare all’istanza per ottenere un porto d’armi, specifica che l’idoneità al maneggio armi deve essere attestata con le modalità previste dall’articolo 16 del R.D.L. 2430, mentre il successivo articolo 63, trattando della richiesta di porto d’armi da parte del minore (un tempo possibile, oggi no), stabiliva (6) in modo esplicito che “laddove nel raggio di 5 km dal comune di residenza non fosse attiva una Sezione del TSN, spetta ai podestà (oggi i Sindaci) verificare la capacità al maneggio delle armi del minore e attestarla con un apposito certificato.”
NDR: gli stessi Sindaci da cui ancora oggi dipende la facoltà di poter autorizzare un campo di tiro, ma che invece purtroppo, troppo spesso, si guardano bene dal farlo, per pure ragioni di opportunità politica personale, ovvero: non avere problemi con gli avversari politici locali. Perché in genere i Sindaci sono “felici” di supportare qualsiasi attività culturale e sportiva, ma se possibile non quelle legate al tiro sportivo, perché nel tiro – nonostante si tratti di SPORT a tutti gli effetti – si usano ARMI, strumenti notoriamente MICIDIALI e PERICOLOSI (soprattutto per gli interessi politici di qualcuno).
Come si può ben comprendere, nel disegno originario del TULPS e del suo Regolamento, non era stata prevista alcuna competenza esclusiva delle Sezioni del TSN nell’attività di certificazione dell’idoneità al maneggio delle armi, laddove la stessa norma che disciplinava le Sezioni del TSN lasciava chiaramente intendere che potessero esistere altri modi per acquisire l’idoneità in questione.
Ricordiamo anche che il Regolamento TULPS venne emanato nel 1940, anno in cui, quindi, già era entrato in vigore il citato R.D. n. 2430 del 1935; pertanto, tale norma si limitò, con il citato art. 63, semplicemente ad estendere anche ai minorenni la facoltà già concessa a tutti i cittadini dall’art. 16 del R.D. 2430.
Ma per quanto a conoscenza di chi vi scrive, dal 1935 al 2010, data in cui il R.D.L. n. 2430 è stato abrogato (7), non ci risulta che quanto previsto dall’articolo 16 abbia mai trovato applicazione. Quanto originariamente indicato nel soppresso articolo 16 potrebbe oggi essere di estrema attualità, dato che la maggior parte delle Sezioni del TSN che esistevano nel 1935 e che sorgevano su terreni del demanio militare, oggi risultano chiuse o non agibili e per molti cittadini italiani sta diventando molto complesso ed oneroso recarsi presso una Sezione del TSN per ottenere il CIMA, e i numerosi campi di tiro sportivi privati diffusi in tutto il territorio nazionale potrebbero sopperire a tale carenza.
Infatti, sebbene il R.D.L. 2430 sia stato abrogato, l’articolo 62 del Regolamento TULPS è ancora in vigore, ed esso prevede la possibilità di dimostrare la propria capacità al maneggio armi nelle forme previste dall’articolo 16 di quella norma.
È opportuno ricordare che in diritto amministrativo trova (e deve trovare) applicazione l’interpretazione analogica delle norme, e dunque, anche se l’articolo 16 del R.D. 2430/1934 è stato abrogato, l’art. 63 del Regolamento TULPS è ancora in vigore, e pertanto, una sua interpretazione analogica consentirebbe di applicare anche ai maggiorenni quanto era stato previsto per i minorenni.
Quindi, se si continua ad applicare la parte della norma che prevede la frequenza del corso del TSN, non vi sarebbero ostacoli ad applicare anche la successiva previsione dello stesso articolo, consentendo che ad accertare e certificare la predetta Idoneità Tecnica al Maneggio delle armi possano essere anche soggetti diversi dal Tiro a Segno Nazionale e i suoi istruttori di tiro.
Tuttavia, nel prevedere la possibilità di dimostrare in altro modo la propria capacità tecnica nel maneggio delle armi a chi non ha una Sezione del TSN agibile entro i 5 km dal loro luogo di residenza, le norme che abbiamo richiamato non hanno mai chiarito come ciò potesse essere fatto.
D’altronde, nel 1934 non esistevano altri poligoni oltre a quelli del TSN, né altre federazioni sportive che contemplassero l’uso di armi da fuoco, per cui veniva semplicemente conferita al sindaco la competenza di decidere se quella persona fosse o meno in grado di maneggiare un’arma da fuoco in sicurezza.
La situazione in Italia, oggi
Nel nostro Paese sono diverse le organizzazioni che gestiscono discipline sportive con armi da fuoco, mentre molti enti di promozione sportiva si sono strutturati per gestire anche attività di tiro con armi da fuoco, ognuno con propri impianti sportivi e relativi istruttori certificati (per quanto, a volte, certificati in modo molto discutibile - NDR).
Ma per completare l’analisi degli argomenti che stiamo trattando dobbiamo anche toccare un argomento di estrema rilevanza pratica: all’interno di un poligono privato, è possibile far sparare persone prive di licenza di porto d’armi?
Si tratta di una questione per la quale di fatto non esistono divieti di legge, ma che tuttavia in Italia impatta in modo significativo sia sulla promozione sportiva (in tutte le discipline di tiro con armi da fuoco), sia sull’effettiva possibilità di poter gestire al di fuori delle Sezioni del TSN la certificazione al maneggio delle armi di persone che… armi ancora non ne hanno.
Si tratta di fatto di un problema (8) perché in Italia solo le Sezioni del TSN sono autorizzate a detenere armi e munizioni da poter mettere a disposizione dei propri soci: inclusi appunto i nuovi iscritti, che non hanno armi, perché non hanno ancora nemmeno ottenuto la certificazione all’idoneità al maneggio delle armi.
Ed ecco allora che in tutta questa storia emerge un punto nodale assolutamente degno di tutta la massima attenzione, soprattutto da parte del legislatore e di tutti i soggetti coinvolti nella gestione delle attività di tiro sportivo praticate in Italia con armi da fuoco.
Sappiamo tutti che la normativa vigente in materia di armi punisce coloro che vendono o comunque cedono armi a persone non munite di una specifica licenza.
Abbiamo visto però che non sembra ci siano impedimenti normativi affinché la certificazione all’idoneità al maneggio delle armi possa essere concessa anche da soggetti diversi dal Tiro a Segno Nazionale e i suoi istruttori. Ma se allora la certificazione di idoneità al maneggio delle armi può essere gestita anche da istruttori di tiro certificati da enti di promozione sportiva o federazioni sportive, per quale motivo questi stessi istruttori non potrebbero poter mettere a disposizione degli allievi armi di loro proprietà?
Perché questo è quello che deve essere per forza accaduto anche nel caso degli istruttori di tiro del poligono privato di Orio al Serio (che sono stati assolti, lo ricordiamo), dove cittadini ancora privi di abilitazione, e quindi men che meno in possesso di armi, hanno seguito il corso di tiro e conseguito la relativa abilitazione di idoneità al maneggio delle armi… utilizzando armi messe a loro disposizione da qualcuno (gli istruttori stessi?).
Armi non cedute o vendute a persone prive di alcuna licenza di acquisto o detenzione di armi, ma semplicemente armi che i legittimi proprietari hanno messo a disposizione di altre persone, gli allievi, che le hanno usate in loro presenza. Esattamente come accade in qualsiasi altro sport, dove chi già lo pratica consente ad altri di provare le proprie attrezzature.
La normativa in materia di armi vieta di vendere o cedere armi, anche solo temporaneamente, a persone prive di licenza di porto d’armi. Ma non è questo il caso, dato che le armi non vengono né vendute, né cedute, due concetti legali che prevedono la perdita del possesso (e del controllo) – anche solo temporanea – di un bene dal legittimo proprietario.
Ai sensi del nostro Codice Civile, sia la vendita che la cessione di un bene comportano la perdita del possesso da parte del cedente, per darne la piena disponibilità a colui che lo acquisisce.
Disponibilità permanente nel caso della vendita; disponibilità temporanea nel caso di una cessione in comodato d’uso: due casi, la vendita e la cessione, che la normativa vigente sulle armi prevede unicamente per i titolari di una licenza di porto d’armi.
Da qui, l’enorme caos generato soprattutto dai gestori dei campi di tiro privati, che vietano attività sportive promozionali a persone non in possesso di licenza di porto d’armi, convinti (totalmente in errore) che “far provare” un’arma (con il proprietario presente) equivalga a “cederla”, nel senso stretto del significato legale che la normativa in materia di armi intende con il termine “cessione”.
Ma d’altra parte, se le paure dei gestori dei campi di tiro privati fossero giustificate, come si spiegherebbero le attività di promozione e avviamento allo sport che nel tiro a volo sono una consuetudine? (vedi anche sentenza del TAR Emilia-Romagna n. 87 del 25 gennaio 2019)
Eppure, la normativa in materia di armi da fuoco non fa differenza fra un fucile sovrapposto da tiro a volo e una pistola: in entrambi i casi sono armi comuni. Forse perché se non c’è cessione, né vendita, anche nel caso non ci sia nemmeno un porto d’armi, allora non c’è nemmeno il reato.
Quindi, se un istruttore di tiro si limitasse ad “affidare” ad un proprio allievo una sua arma con relative munizioni, rimanendo sempre al suo fianco, senza mai perderne la materiale disponibilità e la custodia, all’interno di un impianto sportivo che consenta l’uso di armi, quale disposizione di legge violerebbe? Nessuna.
Ciò trova conferma anche dal dettato normativo dell’articolo 20 bis della legge 110/1975, che punisce chi “consegna” un’arma a minori o persone incapaci nel loro maneggio; al tempo stesso però, la stessa norma prevede un’attenuante specifica qualora il fatto venga commesso in luoghi dove l’uso di armi è consentito, escludendo completamente l’ipotesi di reato se ciò avviene nell’ambito di un’attività sportiva: e infatti, sia nei poligoni del TSN che sui campi della FITAV, i minori si allenano e partecipano a gare, senza che nessuna Procura abbia mai indagato i loro istruttori, né i Presidenti.
Da queste considerazioni si evince quindi che affermare che all’interno di un evento sportivo (quale può essere anche un evento di tiro promozionale) può sparare solo chi ha il porto d’armi, è un’affermazione priva di giustificazione legale.
Come giustamente sottolineava l’avvocato ORLANDI, serve una disposizione normativa che faccia chiarezza nel settore, o almeno una circolare del Dipartimento della PS, chiarisse espressamente lo stato delle cose a tutte le Prefetture e Questure.
D’altra parte, a patto di garantire la sicurezza nel tiro, affidandone la gestione a istruttori certificati di comprovata esperienza, anche nel caso utilizzino armi proprie per far sparare altre persone, otterremmo due vantaggi: far conseguire un Certificato di Idoneità al Maneggio delle Armi anche a chi non ha una Sezione del TSN attiva nel suo comune di residenza e – cosa che la legge non vieta – consentire di provare armi e l’esperienza del tiro anche chi non ha il porto d’armi, ma vorrebbe provare. Cosa normalissima in tutti gli sport.
NOTE
- Quello che attualmente disciplina le attività delle Sezioni del TSN
- Si trattava di un funzionario del C.O.N.I. all’epoca dei fatti distaccato presso la UITS proprio per occuparsi delle questioni giuridiche.
- La federazione sportiva/ente pubblico UITS fu commissariata dal CONI nel 2016, a seguito della rielezione del presidente Obrist, candidatosi nonostante avesse esaurito il termine dei mandati.
- È così a seguito della modifica apportata dal D. Lgs. 204/2010, perché il testo originario non aveva previsto limiti temporali.
- Essa, infatti, è stata abrogata dalla legge di riforma delle FF.AA., contenuta nel D. Lgs. 15.03.2010, n. 66.
- Seppur la norma non sia stata mai abrogata, lo è di fatto, dal momento che oggi non risulta più possibile il rilascio di porto d’armi a favore dei minorenni.
- Ed è difficile comprendere per quale motivo, in una norma che si è occupata di riorganizzare le FF.AA. italiane, ci si sia preoccupati di abrogare una norma che regolamentava il funzionamento di “associazioni sportive”.
- Aspetto fondamentale che nella sentenza di cui ci stiamo occupando non è mai stato affrontato.