Armi e Legge: sparare nei campi di tiro privati, lo può fare anche chi non ha un porto d’armi? oppure no?
ARMI e LEGGE / di recente, alcuni organi d’informazione hanno diffuso la sentenza n. 00087/2019 del TAR dell’Emilia-Romagna, pubblicata lo scorso 25 gennaio, lasciando credere che da oggi anche chi non detiene un titolo di porto d’armi possa sparare all’interno di campi di tiro privati. Ma è davvero così?
L'argomento di cui trattiamo nasce dal ricorso al TAR presentato da un uomo, un tiratore sportivo, al quale era stato negato il rinnovo del porto di fucile uso tiro a volo, in quanto nei suoi confronti c'era ancora attivo un divieto di detenzione armi emesso dal Prefetto ai sensi dell’art. 39.
Il divieto di detenere armi era arrivato in seguito ad un episodio in cui il soggetto doveva aver bevuto qualche bicchiere di troppo e al culmine di un litigio con la fidanzata aveva preso un fucile - da lui regolarmente detenuto - esplodendo dei colpi in aria. A causa di questo era stato denunciato per “minaccia a mano armata” e come immediata conseguenza, al soggetto era stato revocato il porto d’armi, con divieto di detenere armi, di cui all’art. 39 del TULPS, avendo ravvisato che potesse trattarsi di un soggetto capace di abusarne. Tuttavia, al termine del processo penale l’uomo era stato assolto dall’accusa, grazie anche alla testimonianza della ex fidanzata, che ammise di non aver subito da lui alcun tipo di minaccia.
Forte dell’assoluzione, l’interessato aveva allora presentato istanza per ottenere la revoca del Decreto di Divieto, ma questa era stata respinta: perché secondo l’Autorità di P.S., l'assoluzione dall'accusa di "minaccia a mano armata" non faceva venir meno la presunzione circa la sua inclinazione a far abuso delle armi, avendo egli un precedente per guida in stato di ebbrezza ed avendo anche egli stesso ammesso di aver fatto uso di alcool la sera dell’episodio.
Ed è proprio contro questa decisione della Prefettura che venne proposto il ricorso al TAR di cui vogliamo trattare in questo articolo.
Purtroppo, con una sentenza dello scorso 25 gennaio, il ricorso al TAR è stato respinto, perché il giudice ha ritenuto che il comportamento tenuto dall’Autorità di P.S. rientrasse pienamente nell’ampio margine discrezionale ad essa concesso in materia di tutela della sicurezza pubblica.
Ma qui viene il punto: nel motivare la propria decisione, il giudice del TAR (non sapremo mai quanto consapevolmente) ha affermato un principio che, se trovasse un seguito, potrebbe rappresentare una svolta molto importante nel campo del diritto applicato alle armi.
Nel caso specifico infatti, il ricorrente protagonista di questa storia è un Carabiniere in forza ai Gruppi Sportivi e campione mondiale in una specialità di tiro a volo, e nella sua enunciazione il TAR dell’Emilia-Romagna richiama un principio sancito dal Consiglio di Stato con l’Ordinanza 2764/2018, in cui si afferma che:
“appare pertanto necessario cercare di individuare modalità atte a consentire, ferme restando le preminenti esigenze di tutela della vita e sicurezza umana, l’esercizio del diritto dell’interessato ad esternare la propria personalità e, quindi, a coltivare la propria passione sportiva.”
A vantaggio dei meno esperti, ricordiamo che le pronunce del Consiglio di Stato hanno valenza sovraordinata a quelle dei singoli TAR: per questo motivo, l’esplicito richiamo all’Ordinanza 2764/2018 del CdS ha una grande rilevanza, poiché questa ordinanza definisce come un “diritto” il fatto di poter coltivare la propria passione sportiva, senza escludere le discipline che richiedono l’uso di armi.
Detto questo, e in base ai principi di uguaglianza che fondano la nostra Costituzione, il diritto ad “esternare la propria personalità coltivando la propria passione sportiva” è tale tanto per un atleta di livello internazionale quanto per qualunque cittadino che voglia praticare il suo sport preferito, quando ne ha il tempo.
Ordinanza 2764/2018 del Consiglio di Stato, in cui si afferma che:
“appare pertanto necessario cercare di individuare modalità atte a consentire, ferme restando le preminenti esigenze di tutela della vita e sicurezza umana, l’esercizio del diritto dell’interessato ad esternare la propria personalità e, quindi, a coltivare la propria passione sportiva.”
Ed è proprio attorno a questo principio delineato dal Consiglio di Stato nel 2018, che il TAR dell’Emilia-Romagna formula la sua affermazione per noi più interessante.
Nell'enunciazione della sua sentenza il giudice del TAR arriva infatti ad affermare che, per particolari soggetti, ovvero i tiratori sportivi, occorre che l’amministrazione competente individui “modalità di esercizio che consentano il rilascio del richiesto porto d’armi per uso sportivo” ovvero, in subordine, “modalità che consentano il porto dell’arma almeno all’interno dei luoghi deputati all’esercizio dell’attività sportiva in esame”.
Più avanti, nella parte conclusiva della sentenza, il giudice del TAR afferma anche che "... va evidenziato come l’attività sportiva non viene compromessa dai provvedimenti contestati; il ricorrente ben può continuare a recarsi nei poligoni dove svolge gli allenamenti per la preparazione delle competizioni internazionali da lui sostenute ed in quel contesto potrà utilizzare le armi ivi presenti."
Da queste affermazioni si ricavano interessanti spunti di riflessione. Infatti, la sentenza del TAR è stata emessa a seguito del ricorso di un tiratore della FITAV, la cui attività sportiva è il tiro a volo, ma che come qualunque altra attività di tiro con armi da fuoco si può praticare nei luoghi che rientrano nel novero dei campi di tiro privati di cui all’art. 57, 3° comma, del TULPS. Le conclusioni cui giunge la suddetta sentenza valgono quindi per qualunque campo di tiro privato autorizzato.
Quindi, secondo quanto affermato dal giudice del TAR, le varie Questure d’Italia dovrebbero trovare soluzioni che consentano anche a soggetti non titolari di porto d’armi, o addirittura gravati da un espresso divieto a detenere armi, di potersi recare in un campo di tiro privato e praticare lo sport “utilizzando le armi disponibili sul posto”.
È tuttavia bene ricordare che a differenza delle Sezioni del Tiro a Segno Nazionale, e salvo autorizzazioni specifiche, i campi di tiro privati non dispongono di un’armeria presso la quale poter noleggiare un’arma e non possono vendere cartucce. L'affermazione "utilizzare le armi disponibili sul posto" significa di fatto "messe a disposizione da soggetti terzi".
L'importanza di questa affermazione del TAR dell’Emilia-Romagna sta proprio nell’ammettere, anche se solo in via ipotetica, questa possibilità, ovvero: la possibilità di utilizzo di armi di proprietà altrui, all'interno di campi di tiro privati, anche da parte di soggetti privi di licenza di porto d’armi.
Così facendo, il giudice del TAR ha riconosciuto che una simile condotta non sarebbe in contrasto con la normativa vigente, ma che sarebbero solo necessarie delle indicazioni da parte “dell’Amministrazione interessata” circa le sue modalità di attuazione.
Appare naturale che “l’Amministrazione interessata” alla quale viene fatto esplicito riferimento non possa che essere il Ministero dell’Interno, nella sua diramazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, unico organo che potrebbe, tramite Decreti Ministeriali o circolari, emanare disposizioni valide su tutto il territorio nazionale.
Partendo quindi dal presupposto che la sentenza n. 00087/2019 del TAR dell’Emilia-Romagna abbia tracciato una via da seguire, quali potrebbero essere quelle “modalità” a cui il giudice ha fatto riferimento?
Partendo dai seguenti presupposti:
- che anche i cittadini non muniti di porto d’armi abbiano il DIRITTO di praticare attività sportive così come affermato dal Consiglio di Stato
- considerando che il noleggio di armi e l'acquisto di munizioni è consentito solo all'interno delle sezioni del TSN
- ma che le attività praticabili nelle sezioni del TSN sono ben poche rispetto a quanto la legge permette di fare ai liberi cittadini autorizzati
- nei casi in cui quindi le attività sportive possano essere praticate solo all’interno di campi di tiro privati
- le Autorità di P.S. dovrebbero allora disciplinare le modalità attraverso le quali ciò potrebbe avvenire, nel rispetto delle leggi dello Stato e dei diritti costituzionali dei liberi cittadini
Ci chiediamo quindi:
- chi potrebbe fornire in comodato armi e munizioni?
- a chi spetterebbe il compito di seguire un neofita nelle sue prime esercitazioni di tiro?
- seppur privo di porto d’armi, il soggetto sarebbe comunque tenuto ad esibire un certificato medico, o uno di idoneità al maneggio armi?
- e chi mai potrebbe verificare che si tratti di un cittadino onesto, senza precedenti penali di rilevo?
A parte queste domande, i più attenti avranno già intuito quali suggestivi scenari potrebbero spalancarsi sul mondo del tiro sportivo laddove venisse dato un seguito istituzionale all'affermazione di principio secondo cui anche chi non ha un porto d'armi potrebbe comunque praticare attività all'interno di campi di tiro privati, con armi e munizioni messe a disposizione da soggetti terzi.
Le varie federazioni e associazioni sportive potrebbero dar vita a grandi campagne promozionali, con stage conoscitivi di ogni genere di disciplina di tiro, aprendo a chiunque anche la partecipazione agli eventi sportivi.
Purtroppo, per quanto attrattivo sia questo scenario, la strada per giungere a simili risultati sarebbe lunga e impervia. Ma resta il fatto che la sentenza 00087/2019 del TAR dell’Emilia-Romagna ha fissato dei concetti che la giurispudenza non può ignorare.
Ora occorre solo che qualche soggetto autorevole nel panorama nazionale, all’interno del nostro comparto armiero (se non l’intero comparto armiero unito) prenda a cuore la questione e si faccia promotore di tutte quelle azioni necessarie ad avviare un confronto con il Ministero dell’Interno, per poter giungere a dare attuazione concreta ad un principio ormai sancito dalla giurisprudenza amministrativa: il diritto, per chiunque, a praticare il suo sport preferito.
Annotazioni personali del legale
Di Valerio Orlandi
Da appassionato di tiro non posso che condividere l'entusiasmo manifestato da molti per le possibili innovazioni che la Sentenza del TAR Emilia-Romagna - Bologna n.87/2019 potrebbe rappresentare. La Sentenza è pubblica e scaricabile anche sul sito ufficiale dei TAR - Giustizia Amministrativa, ma si ritiene opportuno allegarla qui per facilità di lettura ed attenta analisi dei contenuti.
Da avvocato devo tuttavia invitare alla massima cautela tutti i tiratori, ma soprattutto i gestori dei campi di tiro privati e gli istruttori che vi operano.
Certo, è vero: non esiste nessuna norma di legge che vieti espressamente ad un soggetto non titolare di licenza di porto d'armi di esercitarsi al tiro all'interno di un campo di tiro privato. Tuttavia, bisogna tenere conto di quanto la Giurisprudenza ha statuito in materia di acquisto, detenzione, porto, trasporto e comodato di armi.
Iniziamo operando delle precisazioni. Per ottenere il rilascio del porto d'armi, il cittadino deve esibire il certificato di idoneità al maneggio armi che, già dall'Articolo 8 della legge 110/1975, ed oggi dal D.Lgs. 264/2010, è stabilito essere documento che possono rilasciare solo le Sezioni del Tiro a Segno Nazionale.
L'Art. 20-bis della L.110/75 dispone: “Chiunque consegna a minori degli anni diciotto, che non siano in possesso della licenza dell’autorità, ovvero a persone anche parzialmente incapaci, a tossicodipendenti o a persone imperite nel maneggio, un’arma fra quelle indicate nel primo e secondo comma dell’articolo 2, munizioni o esplosivi diversi dai giocattoli pirici è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con l’arresto fino a due anni.”
L'Art. 4 comma 1 della L.110/75 dispone che “il porto ed il trasporto delle armi non è consentito tranne che ai soggetti titolari di porto d'armi”, ed aggiungiamo a questo che delle armi comuni non è ammesso il comodato, reso invece possibile per le sole armi sportive e ad uso venatorio.
Note della redazione
Tenendo bene a mente che l'Art. 20-bis della L.110/75 tratta di "omessa custodia di armi" e non di chi possa o meno utilizzare armi appartenenti a terzi e con il loro consenso, si ritiene opportuno sottolineare che lo stesso articolo 20-bis, al punto 3 specifica tuttavia chiaramente che il reato (di "omessa custodia") si trasforma in semplice ammenda economica nei casi in cui il fatto avvenga nei luoghi predisposti per il tiro o nei luoghi in cui può svolgersi l'attività venatoria).
In modo analogo, vogiamo ssottolineare che l'Art. 4 della L.110/75 si riferisce al "porto e trasporto di armi", e non a chi possa o meno utilizzarle con il consenso e la supervisione dei legittimi proprietari.
Logico corollario di quanto sopra è che nella "quasi" totalità dei casi, a potersi esercitare con l’arma è solo il suo titolare.
Unica eccezione a questa regola la fanno le sezioni del TSN, al cui interno possono noleggiare armi, acquistare munizioni ed esercitarsi al tiro anche persone che non siano in possesso di una licenza di porto d’armi, ma pur tuttavia siano state abilitate al maneggio delle armi, così come previsto da specifiche procedure previste dal Tiro a Segno Nazionale.
Non esiste nessuna norma di legge che vieti ad un soggetto privo di licenza di porto d'armi di poter utilizzare - all'interno di un campo di tiro privato autorizzato - armi di proprietà altrui e sotto la diretta supervisione dei legittimi proprietari (loro sì, titolari di licenza di porto d'armi)
Restringiamo allora la nostra attenzione ai soli casi di esercitazione all’interno di un campo di tiro privato, e alle sole armi sportive o da caccia di cui è consentito il comodato.
Segnaliamo che in una serie di pronunce la Corte di Cassazione ha chiarito che il comodato di armi è consentito solo tra soggetti titolati e non esime dall'obbligo di denuncia della cessione dell’arma, anche se cessione solo temporanea.
In questo senso si segnalano alcune pronunce (in particolare la Sentenza della Corte di Cassazione Sez. 1 Num. 4824 Anno 2019 e la Sentenza della Corte di Cassazione Sez. 1 Num. 1664 Anno 2019 ) e di seguito si cita un passaggio della seconda sentenza: “Risulta, infatti, di palmare evidenza la differenza tra il negozio giuridico di locazione o comodato, legittimante il trasferimento della detenzione dell'arma, e il porto dell'arma, trattandosi di una situazione di fatto caratterizzata dalla pronta disponibilità̀ per un uso quasi immediato (Sez. 4, n. 23702 del 16/05/2013, Sanna, Rv. 256205).
Indipendentemente dalla eventuale legittimità̀ della locazione o comodato di un'arma di cui all'art. 22, comma secondo, legge n. 110 del 1975, laddove sussistente la doppia condizione ivi prevista, i soggetti protagonisti del negozio giuridico devono adempiere agli obblighi di denuncia della detenzione, mentre, in particolare, il conduttore o comodatario resta soggetto al generale divieto di porto dell'arma, salvo che disponga della relativa licenza o di altro titolo abilitante, non potendosi ritenere tale il ridetto negozio giuridico... Omissis... Appare sufficiente riaffermare in proposito il costante orientamento di legittimità̀ secondo il quale in tema di reato di porto illegale di arma (artt. 4 e 7 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, sostituiti dagli artt. 12 e 14 della legge 14 ottobre 1974, n. 497), risponde a titolo di concorso nel reato colui che dia in prestito un fucile da caccia, avendo consapevolezza del fatto che chi lo riceve sia privo della prescritta licenza (Sez. 1, n. 29444 del 21/06/2001, Usai, Rv. 219583).“
Ma veniamo alle altre possibili complicazioni che dovremmo affrontare in questa fase in cui, si badi bene, non vi è alcuna nuova norma, ma solo la libera interpretazione del TAR dell’Emilia-Romagna sulle già esistenti norme che la Corte di Cassazione penale ritiene di interpretare in maniera decisamente contrastante e difforme rispetto al nuovo orientamento manifestato dal TAR in questione.
Ipotizziamo il caso in cui un campo di tiro privato voglia mettere delle armi sportive o delle armi da caccia a disposizione di un pubblico di aspiranti tiratori privi di licenza di porto d'armi.
Nei casi in cui il campo non abbia a disposizione un’armeria (circostanza assai comune), le armi dovrebbero essere rese disponibili da altri soci frequentatori del campo di tiro.
Ora ipotizziamo il caso peggiore, ovvero che durante un’esercitazione, un soggetto non titolare di porto d'armi o non abilitato al maneggio delle armi, pur sotto la sorveglianza di un istruttore di tiro, compie un’operazione maldestra e spara ferendo un altro frequentatore che si trovi nelle sue vicinanze.
In una situazione come quella descritta si apre uno scenario in cui a mio avviso si “fanno male” almeno in 4:
1. colui che effettivamente riporta lesioni a causa del colpo accidentale d'arma da fuoco da cui viene attinto;
2. il soggetto non autorizzato che usa l’arma e ferisce il terzo (contro cui si apre un procedimento penale per lesioni e per porto abusivo di armi, essendo lui del tutto privo di licenza);
3. il gestore o l’istruttore del campo di tiro che ha fatto sparare un non autorizzato e quindi avrà concorso o non impedito la lesione che avrebbe avuto l'onere di evitare e quindi anche contro di lui si aprirà un procedimento penale;
4. il titolare dell'arma che ha concesso l’arma in comodato ad un non autorizzato ed anche lui risponderà in sede penale per omessa custodia di arma e avendola affidata a soggetto non idoneo al maneggio armi ed anche per concorso in porto abusivo d'arma come statuito dalla Corte di Cassazione.
In ultima analisi, il soggetto che rimane attinto dal colpo si farà male in senso fisico, mentre gli altri tre soggetti riporteranno lesioni economiche legate al costo della difesa legale, oltre a probabili risarcimenti del danno se non sono adeguatamente assicurati; ma rischiano anche, se un Giudice li riterrà colpevoli, di riportare condanne che finiranno sulla fedina penale, oltre a comportare, da subito e con ogni probabilità, la revoca delle autorizzazioni di Polizia di cui sono titolari ed il provvedimento di divieto di detenzione armi ex art.39 TULPS.
Ora qualcuno potrebbe obiettare: ma il TAR Emilia-Romagna ha scritto chiaramente che ci si può recare nel campo di tiro a praticare il tiro anche senza titolo di porto d'armi o con un divieto ex art.39 applicato: allora vuol dire che si può fare!
Per rispondere è necessario un chiarimento sull'ordinamento giuridico dello Stato italiano.
Al contrario dei paesi di diritto anglosassone, nel nostro sistema non è previsto che una Sentenza di un Giudice possa creare un precedente di diritto a cui tutti gli altri Giudici si debbano uniformare, creando così un precedente vincolante al pari di una legge.
Le fonti normative dello Stato italiano sono attribuite in via esclusiva ai soggetti esercenti il potere legislativo (Parlamento in primis e Governo in via residuale), mentre il potere giudiziario spetta alla Magistratura, che ha il compito di valutare i singoli casi ed applicare agli stessi le leggi conferenti al caso.
Esiste poi la cosiddetta funzione nomofilattica attribuita dalla Costituzione alla Corte di Cassazione (e funzione quasi analoga viene esercitata nella Giurisdizione Amministrativa dal Consiglio di Stato) che deve assicurare l'applicazione uniforme delle leggi nello Stato, ma non ha alcun potere di creare nuove pronunce che siano vincolanti al pari di nuove leggi.
Al contrario dei paesi di diritto anglosassone, nell'ordinamento giuridico dello Stato italiano non è previsto che la Sentenza di un Giudice possa creare un precedente di diritto a cui tutti gli altri Giudici si debbano uniformare, creando così un precedente vincolante al pari di una legge.
Ulteriore divisione vi è tra Giurisdizione Amministrativa (TAR e Consiglio di Stato che sono chiamati, in materia di armi e nello specifico caso di cui alla Sentenza esaminata, a decidere se il ricorrente avesse il diritto di riavere il porto d'armi e la revoca del divieto di detenzione armi) e Giurisdizione Ordinaria in materia penale di armi (Tribunale, Corte d'Appello e Corte di Cassazione chiamati invece a decidere se qualcuno ha commesso un reato).
Ciò premesso, seppur vi fosse una disponibilità a ragionare uniformemente tra Giudici della stessa Giurisdizione nell'applicazione delle leggi medesime, sicuramente non si può pretendere la stessa disponibilità ad uniformarsi a pronunce rese da Giudici che esercitano in altre Giurisdizioni applicando altre leggi con differenti competenze.
In altre parole, non si speri che in sede penale un Giudice si debba uniformare all’orientamento narrativo espresso in una Sentenza di un TAR ritenendo lecito ciò che secondo altre norme potrebbe costituire un reato.
Detto ciò…
È pur vero che questa dinamica – far sparare “gli amici” – appare comune già oggi in molti campi di tiro, ma fortunatamente gli incidenti sembrano non verificarsi e quindi il problema non è stato ancora affrontato.
Sarebbe necessario un intervento normativo ad hoc che disciplini il settore in modo chiaro, così come avviene per i TSN, le cui funzioni sono tutelate da leggi dello Stato.
Un ulteriore elemento di grande aiuto potrebbe essere dato dal Ministero dell'Interno, con l’emanazione di una circolare che faccia chiarezza su cosa è lecito fare e cosa no, in situazioni, come questa, in cui vi è un concorso di norme e di grossi vuoti normativi.
NDR - Un chiarimento sarebbe molto importante ad esempio rispetto agli eventi di promozione del tiro sportivo, circostanza in cui poter consentre il tiro anche a persone prive di licenza di porto d'armi sarebbe di grandissima importanza.
Una circolare come quella cosiddetta del “porto d'armi uso tiro al volo” (circolare del Ministero dell'Interno n.559-C-3159.10100(1) del 14.2.1998, pubblicata sulla G.U Serie Generale n. 48 del 27.02.1998), che chiarì tutto ciò che fino ad allora era oscuro dando un grande impulso, anche economico, alla pratica del tiro sportivo da parte di molti cittadini.
Concludo con quanto ho già scritto in molte situazioni: il mondo normativo che disciplina le armi è uno dei più complicati, lacunosi ed oscuri del nostro diritto, non fosse altro per il numero di norme presenti, che non sono affatto ben raccordate l'una all'altra.
Nei Tribunali sono purtroppo abituato a constatare come, nei confronti del cittadino, di fronte ad una norma poco chiara o un vuoto normativo in materia di armi, fra l’applicazione di un’interpretazione morbida, rispetto ad una più rigida, a prevalere sia spesso quella più rigida.
Aggiungo ancora che sono veramente pochi i Giudici che sappiano facilmente e correttamente orientarsi nell'intricato dedalo della normativa sulle armi: una constatazione di profondo rammarico personale, che faccio da avvocato che ha scelto per passione di specializzarsi in questo ramo.
Serve un intervento da parte del Ministero dell'Interno, che faccia chiarezza su quale sia il modo in cui si possa far esercitare al tiro un soggetto non titolare di porto d'armi o privo di idoneità al maneggio armi. Senza di questo, non ci si aspetti una rivoluzione positiva basata unicamente su una sentenza del TAR: se qualcosa andrà storto, ci si troverà in guai seri