Armi e Legge: nuove prescrizioni nella licenza dell'armeria
ARMI e LEGGE / Alcune Questure stanno introducendo nuove prescrizioni nelle licenze delle armerie, assegnando loro il compito di verificare la legittimità all'acquisto di armi in categoria A6 o A7 da parte dei clienti. Vediamo la validità di queste nuove prescrizioni, anche alla luce della pubblicazione del D. Lgs. 104/2018
Il presente approfondimento scaturisce dalle segnalazioni di alcune armerie, che si sono viste imporre dai rispettivi Questori nuove prescrizioni in occasione del rinnovo o del rilascio della licenza di cui all’art. 31 del TULPS.
Nello specifico, alcune Questure stanno oggi imponendo agli armieri l’onere di controllare l'acquirente di armi A6 ed A7, verificando se, oltre al possesso di una licenza di porto d'armi in corso di validità, il titolare sia anche iscritto ad associazioni sportive riconosciute da federazioni sportive nazionali o all'UITS - come ormai previsto dal D. Lgs. 104 del 2018 - annotando gli estremi della relativa iscrizione sul registro delle attività giornaliere dell’armeria.
Ovviamente, prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. 104 del 2018, con le sue considerazioni su acquisto e detenzione di armi A6 e A7, una simile prescrizione non era mai stata necessaria.
Precisiamo innanzitutto che le “prescrizioni” sono delle “disposizioni” che le autorità di P.S. hanno il potere di imporre a tutti i cittadini a cui favore rilasciano delle licenze di P.S., e sono espressamente previste dalla legge.
Infatti, l'art. 9 del TULPS stabilisce: “Oltre le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l’autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse.”
Veniamo quindi alla prima certezza: sulla base di quanto stabilito dalla normativa vigente, le Autorità di Pubblica Sicurezza (in questo caso i Questori) hanno il diritto di impartire “prescrizioni” al titolare della licenza di cui all’art. 31 del TULPS, ovvero gli armieri.
L'art. 31 del TULPS stabilisce, infatti, che senza “licenza del Questore” non si possono porre in vendita le armi. Tutte le licenze di armeria vengono rilasciate in base a questa disposizione normativa.
Articolo 12, comma 4, del D. Lgs. 104 del 2018
“Fermo restando quanto previsto dagli articoli 35, comma 5, e 38 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, approvato con Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, l'acquisizione e la detenzione di armi di cui alla categoria A, punti 6 e 7, dell'Allegato I alla Direttiva 91/477/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1991, nonché di caricatori per armi da fuoco in grado di contenere un numero di colpi eccedente i limiti consentiti all'articolo 2, secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, è consentita ai soli tiratori sportivi iscritti a federazioni sportive di tiro riconosciute dal CONI, nonché agli iscritti alle Federazioni di altri Paesi UE, agli iscritti alle Sezioni del Tiro a Segno nazionale, agli appartenenti alle associazioni dilettantistiche di tiro a segno affiliate al CONI.”
La materia è complessa e disciplinata da disposizioni normative che si rinvengono nel TULPS, nel suo Regolamento di Attuazione, nella Legge 110/75 e nelle innumerevoli e pluriframmentate norme che nel corso degli anni si sono aggiunte in un settore che, sicuramente, non è di facile comprensione nemmeno per gli addetti ai lavori.
Quello che oggi ci interessa è l'applicazione pratica dell'art.12, comma 4, del D. Lgs. 104 del 2018: questa disposizione è quella che sta destando dubbi e perplessità, in alcuni casi indignazione, perché alcune Questure, in occasione del rinnovo delle licenze alle armerie, hanno inserito una prescrizione che porrebbe a carico dell'armiere l'onere di verificare il possesso, in capo all'acquirente di un’arma di categoria A6 o A7, oltre che di un valido titolo di porto d'armi, anche dell’iscrizione ad una federazione sportiva riconosciuta dal CONI o all'UITS o ad altra federazione sportiva UE.
Ebbene, mi è stato chiesto, è lecita questa prescrizione? i Questori possono richiedere questo agli armieri?
La risposta è SÌ: le prescrizioni imposte dall'Autorità di P.S. sono lecite a norma dell'art.9 del TULPS.
Chiediamoci allora: si tratta di una disposizione di buon senso, o poteva essere attuata in altro modo, senza oneri a carico degli armieri?
Qui rispondere diventa più complicato e, sicuramente, soggettivo, pertanto si rispetteranno anche pareri opposti a quello di chi scrive.
La mia opinione è espressa in qualità di avvocato, ma anche di appassionato di armi, che ha frequentato molte armerie per il piacere di confrontarsi con persone competenti di cui ha sempre ascoltato il consiglio ed il suggerimento, pur riservandomi poi la facoltà di scegliere e decidere liberamente in base al mio giudizio personale.
Come me, moltissimi appassionati fanno dell'armiere il proprio punto di riferimento per un acquisto consapevole e legittimo. Proviamo ad immaginare cosa potrebbe succedere se l'armiere non fosse tenuto a verificare che l'acquirente di un’arma A6 o A7 sia in possesso, oltre che del titolo di acquisto, anche dell'iscrizione ad una federazione sportiva, come ormai previsto dalla normativa in vigore dallo scorso 14 settembre 2018.
Una persona può essere in possesso di un valido titolo di acquisto, come una licenza di porto d'armi, ma non necessariamente anche dei “requisiti” per l’acquisto di armi di categoria A6 e A7, così come previsto dalla norme contenute nel D. Lgs. 104 del 2018
Un titolare di porto d'armi per uso di tiro a volo, non iscritto ad alcuna federazione sportiva, si reca in un’armeria e si innamora di un fucile rientrante nella categoria A6 o A7: in questa nostra simulazione diamo per scontato che l'armiere non sia tenuto ad alcun controllo oltre quello della validità del porto d'armi, e in buona fede non fa domande al cliente e gli vende il fucile.
Il cliente porta il fucile a casa propria ed entro le 72 ore successive presenta denuncia di detenzione dell'arma, senza poter dimostrare di essere iscritto ad una federazione sportiva.
Nel verificare il possesso dei requisiti previsti dall'art.12, comma 4, del D. Lgs. 104 del 2018, l'Autorità di P.S. che riceverà la denuncia di detenzione dell’arma rileverà l'anomalia e sarà costretta a denunciare alla Procura della Repubblica il malcapitato per detenzione e porto illegale di un’arma e provvederà al sequestro dell'arma e al ritiro del porto d'armi: la Questura avvierà il provvedimento per la revoca del porto d'armi e la Prefettura quello per l'adozione del provvedimento di divieto di detenzione d'armi.
E tutto questo perché la persona aveva sì un valido titolo di acquisto, ma non i “requisiti” per l’acquisto, così come stabilito dall’attuale normativa sulle armi di categoria A6 e A7.
Tutti i suddetti procedimenti si possono definire “atti dovuti” quando viene contestata la detenzione o il porto illegale di un’arma; faccio presente che ambedue sono reati considerati gravi dal nostro ordinamento, anche se commessi in buona fede o per semplice ignoranza della legge da parte di qualcuno che, magari, si è soltanto innamorato di un fucile che non sapeva nemmeno appartenere alla categoria A6 o A7.
Un buon armiere è spesso anche buon conoscitore delle varie discipline del tiro sportivo e delle associazioni sportive operanti nella sua provincia, e potrebbe quindi dare al cliente indicazioni su dove iscriversi e come farlo.
Ora sembrerà superfluo in questa sede, ma risolvere le contestazioni penali mosse ed i provvedimenti amministrativi adottati sarebbe un grosso pensiero per chiunque, nonché un onere economico non indifferente e, comunque, non si avrebbe certezza alcuna che la “svista” venga considerata tale, atteso che la legge non ammette ignoranza.
Mi sono allora chiesto, come si potrebbe evitare tutto ciò?
Sicuramente, la soluzione migliore è una sola: ovvero fare in modo che una persona che non possieda tutti i requisiti previsti dalla legge… non possa acquistare.
Laddove l'armiere dovesse verificare che il suo cliente non sia in possesso dei necessari requisiti, ovvero non sia iscritto ad una federazione sportiva, potrà impedirgli l’acquisto a lui non consentito, indirizzandolo verso un altro legittimo, oppure potrebbe tenergli l’arma da parte, in attesa che il cliente formalizzi l’iscrizione ad una associazione sportiva, cosa tutto sommato facile da risolvere. Con un simile comportamento l’armiere otterrebbe la gratitudine del cliente, che a sua volta capirebbe che l'armiere lo ha aiutato ad evitare guai seri.
Inoltre, un buon armiere è spesso anche buon conoscitore delle varie discipline del tiro sportivo e delle associazioni sportive operanti nella sua provincia, e potrebbe quindi dare al cliente indicazioni su dove iscriversi e come farlo. Il consiglio dell'armiere potrebbe contribuire a fidelizzare il cliente e tutto questo può rappresentare una valida opportunità commerciale per l'armeria.
In conclusione mi sento di affermare che l'armiere è certamente già onerato da una serie di controlli e adempimenti quotidiani gravosi che non rendono semplice il corretto svolgimento dell'attività. Tuttavia, questa ulteriore prescrizione di controllo sull'iscrizione a federazioni sportive del cliente potenziale acquirente di armi in categoria A6 o A7, non dovrebbe aggravare eccessivamente le responsabilità dell'armiere, ma anzi, se ben gestita, potrebbe contribuire a rafforzare il ruolo chiave che le armerie oggettivamente svolgono quotidianamente all’interno dell’intero comparto armiero. Insomma, non è detto che tutti i mali vengano per nuocere.
Condividiamo in pieno la disamina concretamente chiara e utile proposta dall’Avvocato Valerio Orlandi, autore di questo approfondimento di grande attualità per tutti gli armieri italiani.
Quello delle armi di categoria A6 e A7 è e rimane uno degli aspetti più delicati e controversi della nuova normativa sulle armi entrata in vigore lo scorso 14 settembre 2018, e questo ci stimola alcune considerazioni che riteniamo utile esternare, nell’interesse e nel rispetto del lavoro e delle professionalità di tutti.
In tutta questa storia c‘è infatti un risvolto della medaglia. Per ottenere la sua licenza, l’armiere ha dovuto sostenere un esame davanti alla Commissione Tecnica Provinciale, che ha verificato le sue conoscenze tecniche e giuridiche.
L’armiere, pertanto, è tenuto a sapere se un’arma appartiene o meno alle categorie in questione, ma non è tenuto a conoscere il mondo dello sport e la miriade di discipline di tiro e di federazioni e associazioni sportive che lo animano.
Immaginiamo il caso di una persona in mala fede potrebbe mostrare all’armiere la tessera di un’associazione sportiva che potrebbe non essere riconosciuta dal CONI o addirittura di un’associazione sportiva che non si occupa di sport del tiro.
O più banalmente, una persona potrebbe voler effettuare l’acquisto di un’arma in un‘armeria a centinaia di chilometri dalla sua provincia o regione, senza che il titolare dell’armeria possa verificare in modo semplice l’associazione sportiva a cui il cliente è iscritto.
Senza contare poi il caso di una persona che potrebbe essere iscritta ad una federazione sportiva di un altro paese all’interno della Comunità Europea (come previsto dal D. Lgs. 104 del 2018): ma come potrebbe mai il povero armiere sapere se quella federazione sportiva è riconosciuta dall’omologo del nostro CONI in quella nazione?
Qualora l’armiere dovesse vendere un’arma della categoria A6 ad un cliente che ha esibito la tessera di un’associazione sportiva che non è riconosciuta dal CONI o che non si occupa di tiro, se l’ufficio di P.S. presso cui l’arma viene denunciata se ne dovesse accorgere, di cosa risponderebbe l’armiere?
L’articolo di questa pagina ci ha chiaramente spiegato che i Questori hanno piena facoltà di poter emanare “prescrizioni” che gli armieri sono tenuti a rispettare: quindi, in uno dei casi di cui sopra, l‘armiere avrebbe violato una prescrizione della sua licenza, cosa che potrebbe comportare l’immediata sospensione o revoca della stessa da parte del Questore.
Personalmente condividiamo pienamente l’idea che debbano essere gli armieri i soggetti più indicati ad effettuare il controllo di appartenenza del cliente ad una legittima associazione sportiva, ai fini del legittimo acquisto e detenzione di un’arma in categoria A6 o A7: chi meglio degli armieri, visto che le armerie sono i luoghi in cui la legge prevede che debbano avvenire tutte le transazioni di acquisto di armi e munizioni?
Tuttavia, come spesso accade nel nostro Paese quando il legislatore si cimenta su materie che non conosce, l’apparente chiarezza della norma (“basta essere iscritti ad un’associazione sportiva, eccetera, eccetera…”) non si traduce quasi mai in una sua semplicità di attuazione.
Riteniamo che la soluzione migliore potrebbe essere una sinergia tra gli armieri e gli uffici di polizia amministrativa delle varie Questure, dove ognuno offre le proprie competenze al servizio dell’altro per agevolarne l’operato. E qui, per un’analisi di fattibilità operativa chiamiamo in causa anche Assoarmieri, il cui contributo tecnico e politico potrebbe essere determinante.
Scaricare ogni responsabilità sugli armieri non ci sembra una soluzione ottimale, soprattutto se si considera la modesta formazione professionale che caratterizza molti di loro e la patologica assenza di informazioni condivise di cui soffre tutto il comparto armiero italiano.
Non è nostra intenzione fare polemica, ma da esperti del settore e nell’interesse di una più attenta analisi dell’argomento che abbiamo trattato, in modo evidentemente provocatorio vi chiediamo:
- sapreste indicare quali sono tutte le discipline di tiro con armi da fuoco riconosciute dal CONI?
- conoscete tutte le associazioni italiane attraverso le quali si possono praticare tali discipline sportive?
- sapreste indicarci quali sono gli enti omologhi del nostro CONI in ambito europeo?
La risposta è ovviamente NO. E non c’è nulla che ci possa far credere che il titolare di un’armeria, piccola o grande che sia, possa accedere in modo semplice a simili informazioni.
Mettiamola così: in un mondo ideale, sarebbe auspicabile che l’emanazione di una “prescrizione” da parte di chi ha il potere di farlo – come ad esempio i Questori – fosse sempre preceduta da una verifica di fattibilità concertata con chi ha la necessaria conoscenza della materia. E nel caso specifico delle armi A6 o A7 e di cosa potrebbero fare gli armieri per verificare chi le può o non può acquistare, i Questori magari avranno “l’autorità”, ma ad avere “la conoscenza” della materia è Assoarmieri.
Sappiamo bene di non essere in un mondo ideale, e non ci interessa discutere del motivo per cui moltissime armerie italiane non sono associate ad Assoarmieri. Ma da osservatori esterni ci auguriamo tuttavia che Assoarmieri – dato il ruolo istituzionale che vanta – vorrà analizzare l’argomento con l’attenzione che questo richiede, dato che si tratta di prescrizioni che possono avere un impatto importante sulle responsabilità civili e penali tanto degli armieri che dei cittadini (ma anche gli armieri lo sono).
Concludendo, e copiando spudoratamente la frase conclusiva dell’articolo dell’Avvocato Orlandi: se ben gestita, tutta questa storia potrebbe contribuire a rafforzare il ruolo di Assoarmieri all’interno dell’intero comparto armiero. Insomma, non è detto che tutti i mali vengano per nuocere.
Chissà, un giorno… sarebbe bellissimo poter immaginare una categoria di armieri tutti molto competenti e preparati, in grado di offrire un efficace servizio di consulenza agli uffici territoriali delle loro rispettive Questure, e da questi considerati dei validi interlocutori…
Ma forse questo non sarebbe nemmeno un mondo ideale, ma direttamente quello dei sogni.