Direttiva Europea Armi: i diritti dei cittadini in discussione al Parlamento Europeo
La rete di Firearms United ha tenuto il giorno 16 novembre la tanto attesa conferenza all'Europarlamento di Bruxelles, in collaborazione con i gruppi ALDE ed ECR: vediamo cos'è accaduto!
Una sala assolutamente gremita: la conferenza sulle armi da fuoco organizzata lo scorso mercoledì 16 novembre da Firearms United in congiunzione coi gruppi parlamentari dell'Alleanza dei Liberali e Democratici Europei (ALDE), del Gruppo dei Conservatori Riformisti europei (ECR) e con la partecipazione del Partito Popolare Europeo (PPE) non poteva sperare in una migliore accoglienza.
A un anno dai disastrosi attentati di Parigi che hanno dato il “la” alla Commissione Europea per proporre i suoi emendamenti restrittivi alla direttiva europea sulle armi, per la prima volta presso la sede del Parlamento Europeo si parla del problema di fronte ad un pubblico convenuto da tutt'Europa per l'occasione e accolto dai buoni auspici dell'europarlamentare ECR tedesco Bernd Kölmel.
Ben due panel, composti da cinque relatori ciascuno, si sono alternati in una conferenza la cui importanza è cresciuta autonomamente in fase organizzativa rispetto a quanto originariamente previsto, con un gran numero di europarlamentari che hanno desiderato partecipare, intervenire, o anche solo assistere, a conferma di quanto la modifica alla direttiva europea sulle armi sia considerata un tema "caldo", in special modo data la compatta reazione d'opposizione e contrarietà della comunità dei possessori d'armi d'Europa.
È essenziale per la credibilità e la legittimità dell’Unione Europea, delle sue leggi e Istituzioni, che tutte le misure restrittive, specialmente se retroattive e se colpiscono le persone e le legittime proprietà,
siano proporzionate, giuste e bilanciate.Sfortunatamente, la Direttiva proposta sulle armi
NON È proporzionata, giusta o bilanciata.Il bando quasi totale delle carabine sportive semiautomatiche NON HA NULLA A CHE FARE con la lotta alla criminalità e al terrorismo
(Jussi Halla Aho)
Le posizioni della Commissione Europea
La conferenza si è aperta con le dichiarazioni decisamente negative di Alain Alexis, funzionario della Commissione Europea.
Tra lo stupore dei convenuti, e tra vecchie bugie e arrampicate sugli specchi in occasione delle domande che gli sono state poste, Alexis ha confermato che la Commissione Europea intende perseguire il suo scopo: una messa al bando di molti tipi di armi ad impiego civile, sportivo, venatorio e difensivo.
Come al solito, il rappresentante della Commissione Europea ha dichiarato che "alcune armi semi-automatiche" (quelle incluse oggi nella Categoria B7, mai identificate come tali da Alexis) sono "particolarmente pericolose" e dovrebbero essere completamente proibite ai civili – con poche o nessuna eccezione, anche per i collezionisti.
Le armi demilitarizzate (quelle armi a raffica permanentemente convertite al funzionamento semi-automatico per l'uso civile) sono state identificate da Alexis come "surplus degli eserciti israeliano e russo"; Alexis ha detto chiaro e tondo che "si tratta pur sempre di mitragliatrici", e che dunque dovrebbero essere proibite.
Le armi a raffica dovrebbero inoltre, secondo la Commissione, essere proibite ai collezionisti e anche ai musei; e forse la più grave di tutte le sue affermazioni:
Per compiere massacri, le armi semiautomatiche
sono più efficaci delle armi automatiche (A.Alexis)
Alain Alexis ha continuato a sostenere che la capacità di serbatoi e caricatori disponibili sui mercati civili dev'essere limitata perché "è un dato di fatto che la grande maggioranza delle stragi commesse in Europa nell'ultimo decennio ha visto l'uso di armi semi-automatiche". E ha concluso sostenendo che l'UE dovrebbe essere in grado di imporre ai Paesi membri stretti canoni medici e psicofisici da implementare per il rilascio e il rinnovo di tutte le licenze di porto d'armi perché "se una persona che porta gli occhiali se li toglie, non sarà in grado di vedere bene" - senza specificare se si parli di tiro pratico, di difesa personale o di tiro accademico a dieci metri.
Ovviamente il principale effetto delle dichiarazioni del rappresentante della Commissione Europea è stato riempire la sala di commenti di tipo non esattamente tecnico, risate, e anche qualche grido di disapprovazione.
Intervallato dai soliti riferimenti agli attacchi terroristici di Parigi e alla strage di Utøya, il discorso di Alain Alexis è stato definito chiaramente un insulto da almeno uno dei partecipanti alla sessione di domande e risposte che ne è seguita, ma rappresenta in pieno la posizione della Commissione Europea, come confermato da un comunicato che la Commissione stessa ha emanato proprio il giorno della conferenza - in breve:
...
Dopo due incontri del trilogo, i co-decisori ancora non hanno raggiunto un accordo sulla modifica della direttiva europea sulle armi.Tali negoziati devono sbloccarsi rapidamente per togliere dalla circolazione le armi d'assalto, comprese quelle convertite al funzionamento semi-automatico.
La posizione della Commissione è chiara: le armi semiautomatiche basate sulla famiglia "AK-47 Kalashnikov" e "AR-15" dovrebbero essere messe al bando dal mercato civile perché sono state inizialmente progettate per impieghi militari.
La capacità dei caricatori fissi e amovibili per le armi lunghe e corte deve essere limitata a 10 colpi; i caricatori dovrebbero essere sottoposti ad autorizzazione per l'acquisto e il possesso, e ogni deroga dovrebbe essere concessa in maniera più possibile limitata e strettamente controllata.
I cittadini europei si aspettano di vedere dei rapidi progressi in questo campo per la loro sicurezza, quindi è necessario raggiungere un accordo entro la fine del 2016.
...
Di certo c'è solo una cosa: la Commissione Europea è disposta ad arrampicarsi sugli specchi e ricoprirsi di ridicolo pur di giustificare un'agenda politica impopolare e inadeguata agli scopi dichiarati, e non è disposta a cedere neppure su una virgola. Si dovrà dunque combattere ancora per molto prima di poter gioire per lo scampato pericolo.
Leggi: Second Progress report towards an effective and genuine Security Union / della Commisione Europea
Le novità dal trilogo
La conservatrice britannica Vicky Ford - europarlamentare responsabile del dossier presso il comitato IMCO - nell'aggiornare la platea sull'andamento dei lavori del trilogo ha ringraziato la comunità dei tiratori di tutt'Europa per aver aiutato il Parlamento Europeo, con le tante E-Mail inviate nel corso dei mesi passati, a migliorare marcatamente la proposta della Commissione, che lei stessa ha definito critica.
Ancora oggi si continua a fare progressi per risolvere i problemi creati dall'emanazione delle regole molto pasticciate per la disattivazione emanate autonomamente dalla Commissione Europea alla fine dello scorso anno ed entrate in vigore ad aprile.
In particolare il Parlamento Europeo si è dimostrato aperto a riconoscere come validi gli standard più rigidi di quei Paesi – tra cui l'Italia – che già prima adottavano modalità valide per assicurare che un'arma disattivata lo fosse in maniera irreversibile.
Sulla questione delle B7, sia il Parlamento che il Consiglio sono in disaccordo sulla proposta di bando completo della Commissione. Si parla ancora di restrizioni alle armi “quando muniti di caricatori ad alta capacità”, seppure con “esenzioni per i tiratori sportivi”, ma su questo ancora si discute e la questione è aperta a possibili miglioramenti futuri.
Si discute, invece, ancora in maniera molto accesa sulle armi demilitarizzate – e in base alle informazioni di Firearms United, è difficile che si riesca a trovare un accordo nel breve periodo.
La questione dei test medici per il rilascio e il rinnovo dei porti d'arma, il Parlamento Europeo sembra indirizzato sull'obbligare gli Stati membri ad avere un sistema deputato a tali controlli – di fatto qualcosa che già accade in paesi come il nostro – piuttosto che imporre dall'alto standard tecnici difficili da rispettare.
Altri problemi – tra cui l'impatto sui fornitori di armi per le produzioni cinematografiche e televisive e la possibilità per i titolari di carta europea delle armi da fuoco di poter trasportare anche armi di categoria A – sono ancora oggetto di discussione.
Mi oppongo alla Direttiva sulle armi da fuoco,
perché si spinge troppo oltre, e nella direzione sbagliata(Jussi Halla Aho)
Le reazioni degli europarlamentari
La voce dei membri del Parlamento Europeo che oggi si oppongono alle restrizioni proposte dalla Commissione era ben rappresentata dall'europarlamentare ALDE ceca Dita Charanzová.
In un intervento breve ma di certo molto in linea con gli umori della comunità dei possessori d'armi d'Europa, Dita Charanzová ha posto l'accento sulla mancanza dell'Impact Assessment obbligatorio e sulla generale inutilità della proposta della Commissione, con le uniche eccezioni su cui già tutti di fatto si sono sinora dimostrati d'accordo – miglioramento della tracciabilità, maggiore lotta al traffico illecito, normativa sulle armi disattivate.
L'europarlamentare PPE lombardo Stefano Maullu, in un intervento altrettanto breve ma molto incisivo, ha espresso apertamente ciò che molti, forse, non hanno avuto il coraggio di dire: la proposta della Commissione va nella direzione sbagliata, peggiora le condizioni di sicurezza comuni e non aiuta nessuno.
Non parrebbe esserci dunque, da un punto di vista logico, nessuna risposta possibile se non un totale e energico respingimento.
Maullu ha rivolto inoltre un pensiero all'industria e alla filiera, che verrebbero penalizzate in fatto di costi e di complicazioni inutili anche dall'obbligo di punzonatura di tutte le componenti-chiave delle armi senza che ciò possa comportare alcun vantaggio in fatto di tracciabilità – e il cui unico vero effetto, aggiungiamo noi, sarebbe un aumento del costo del prodotto finito per l'utente.
Gli attacchi terroristici sono attuati con armi ‘illegali’,
non con armi ‘legali’. È una grossa differenza.
Quindi, perché dovremmo punire tutti i legali possessori di armi?
(B. Kölmel)
Chiamato a presiedere la conferenza ma da sempre importante sostenitore dei diritti dei legittimi possessori d'armi e nemico delle inutili complicazioni burocratiche in ogni campo, Bernd Kölmel ha voluto ricordare come tutte le armi da fuoco – a prescindere dal sistema di funzionamento, dalle caratteristiche tecniche, dal calibro, dalle dimensioni e dalla capacità – siano di fatto pericolose alla stessa maniera, perché la loro pericolosità è relativa alle intenzioni di chi le impugna e le usa.
Con riguardo alle proposte "eccezioni" ai divieti di cui godrebbero i "tiratori sportivi", inoltre, Kölmel non ha perso l'occasione di sottolineare come l'applicazione di tali eccezioni solo nei confronti dei pochi privilegiati che possono permettersi di partecipare ad attività competitive ufficiali finirebbe per discriminare, chi, legittimamente, si limita a praticare il tiro informale e ricreativo e va al poligono per rilassarsi e divertirsi, e che non per questo non dev'essere considerato uno sportivo, anzi, dovrebbe essere in grado di continuare a praticare i suoi Hobby con qualsiasi tipo di arma, caricatore, o quant'altro.
E in effetti, le previste "eccezioni" solo per i pochi privilegiati in grado di affrontare le spese non indifferenti necessarie ad inserirsi nei circuiti delle gare ufficiali non potrebbe che configurarsi come una gravissima discriminazione...
Un po' di numeri...
Dato il persistente rifiuto, da parte della Commissione Europea, di presentare un Impact Assessment degno di questo nome – probabilmente a causa del fatto che tale valutazione d'impatto presenterebbe inevitabilmente dati e conclusioni discordanti rispetto all'agenda politica disarmista – si sono fatti carico di ciò almeno due partecipanti alla conferenza, con interventi che hanno fatto letteralmente il botto.
Katja Triebel, capo-ricercatore della rete di Firearms United, ha redatto e presentato un documento di Impact Assessment, seguendo le linee-guida dell'UE e basandosi in parte anche su alcuni dei documenti che la stessa Commissione Europea usa per sostenere la necessità dei divieti proposti; un lavoro impressionante, sia in termini di dettaglio che della quantità di lavoro necessaria a partorirlo.
I risultati mostrano un panorama devastante in fatto di conseguenze per il comparto armiero civile e per la sicurezza pubblica in caso di approvazione delle restrizioni proposte dalla Commissione Europea.
A fronte di un numero di reati risibile commesso con armi di provenienza legittima, e a fronte di un numero di reati pari a zero commesso con armi da fuoco di aspetto “militareggiante”, le proposte della Commissione Europea – basate su dati gonfiati che ignorano il calo costante degli omicidi nell'ultimo decennio in tutti i Paesi membri UE, nonché il fatto che annualmente, solo da 70 a 150 omicidi in 28 Paesi vedono l'uso di armi da fuoco legittimamente detenute, quasi tutte armi da caccia del tipo classico – danneggerebbero pesantemente un comparto che impiega oltre mezzo milione di persone e vale miliardi.
Persino non fare niente e non apportare nessuna modifica alla direttiva nella sua forma attuale sarebbe più positivo per la sicurezza comune e per l'economia dell'Unione Europea.
LEGGI: Impact Assessment della direttiva europea sulle armi / di Katja Triebel (Firearms United)
LEGGI: Presentazione dell'Impact Assessment della direttiva europea sulle armi / di Katja Triebel
Erik Lakomaa, ricercatore della scuola d'economia di Stoccolma, ha esposto la sua ricerca sulla valutazione della direttiva europea sulle armi da fuoco nella sua forma attuale – una ricerca in un campo nel quale di fatto la ricerca è carente.
Scevra da valutazioni politiche, la valutazione puramente scientifica di Erik Lakomaa dimostra che nessuna legge finora passata sulla limitazione delle armi da fuoco legittimamente possedute ha mai avuto un impatto positivo sulla criminalità e sui crimini violenti, perché non esiste una correlazione tra criminalità e armi legittime.
LEGGI: Ricerca di valutazione della direttiva europea sulle armi / di Erik Lakomaa
Pur lamentando l'assenza di dati – disponibili di fatto in maniera organica solo per la Svezia, in tutta l'Europa – Erik Lakomaa ha sottolineato come il numero di armi rubate ai possessori legittimi e poi finite sul mercato nero sia molto bassa, anche perché, almeno nel suo Paese, il numero di armi sottratte nel corso dei furti ai danni dei loro proprietari è molto basso rispetto al tasso di possesso di armi.
Il numero di casi di crimini commessi con armi rubate è molto basso, mentre è più elevato il numero di crimini commessi con armi che non si sono poi rivelate vere armi da fuoco (repliche) e il numero di reati che hanno visto l'uso di armi contrabbandate dai Balcani.
Il numero di crimini commessi con armi di cui la Commissione propone il bando è pari a zero, o quasi, dunque qualsiasi legge al riguardo non avrebbe alcun impatto positivo sulla sicurezza comune dell'Europa – e anche le restrizioni sulle repliche realistiche avrebbero probabilmente un effetto negativo, perché spingerebbero i criminali ad utilizzare corpi contundenti, armi da taglio, o armi da fuoco vere.
Una posizione, peraltro, sposata dall'europarlamentare svedese Kristina Winberg, intervenuta nel corso del dialogo.
Il pericolo per i collezionisti, la voce delle associazioni
Ovviamente, la prospettiva dell'approvazione delle modifiche alla direttiva proposte dalla Commissione pesa molto sui collezionisti, che dovrebbero privarsi di armi di particolare valore non solo economico, ma anche e soprattutto tecnico e storico, che la Commissione Europea considera “troppo pericolose” e che anche in occasione del convegno, per bocca di Alain Alexis, ha definito non adatte a essere lasciate in mano ai collezionisti privati.
Stephen Petroni – presidente della FESAC – ha sottolineato come la categoria dei collezionisti venga, in malafede, confusa dalla Commissione con quella degli accumulatori illegali di armi da fuoco e dunque ingiustamente identificata come “potenziale fonte di armi per il mercato nero”.
Una categoria che, assieme ai musei pubblici e private, si incarica di preservare oggetti di grande valore storico e culturale verrebbe colpita duramente dall'obbligo di disattivazione o, peggio ancora, distruzione di molti di essi – un'idea, quella della distruzione di tanti pezzi storici, che a noi di GUNSWeek.com fa tornare in mente lo scempio delle antichità di Palmyra e Nimrud portato avanti dall'ISIS.
E al cuore di tutto c'è la volontà della Commissione Europea di ignorare il più basilare principio di sussidiarietà, preferendo aumentare il carico legislativo e burocratico sui cittadini onesti piuttosto che costringere gli Stati membri ad applicare le leggi già esistenti.
LEGGI: direttiva europea sulle armi: il punto di vista dei collezionisti / di Stephen Petroni
Tra gli interventi più energici va' sicuramente ricordato quello di Jean-Luc Addor, parlamentare svizzero e vice-presidente della Pro-Tell.
Per via del gran numero di armi da fuoco detenute dai privati cittadini, del suo sistema di difesa basata sulla milizia popolare e delle leggi liberali ivi in vigore, la situazione della Svizzera riguardo alla modifica della direttiva UE sulle armi è critica: pur non essendo un Paese membro, la Confederazione Elvetica fa parte dell'area Schengen e sarebbe dunque costretta a uniformare alla direttiva europea le sue leggi, peraltro senza sottoporre la possibilità al voto popolare.
Senza troppi giri di parole, dunque, Addor dichiarato che la Svizzera non accetterà nessun tipo di irrigidimento del diritto europeo sulle armi, e che l'impopolarità dell'Unione Europea presso i cittadini elvetici – che ha già portato al ritiro della domanda svizzera d'adesione all'UE – potrebbe in futuro portare a conseguenze molto più gravi nei rapporti tra la Confederazione e l'UE, in particolar modo se il Paese alpino fosse costretto da Bruxelles a rinunciare a ciò che ivi è ritenuto da secoli un diritto consolidato.
Anche gli sportivi obbiettano
Mikko Pesonen, istruttore di tiro IPSC finlandese e membro della rete di Firearms United, ha sottolineato invece i problemi dei Paesi come il suo che basano la loro politica di difesa nazionale sul sistema delle riserve. Da tiratore sportivo, tuttavia, Pesonen non ha potuto non ricordare come di fatto i possessori d'armi siano le persone che, anche per cultura e temperamento, sono le persone meno inclini a violare la legge.
Pesonen ha sottolineato l'incoerenza delle motivazioni addotte dalla Commissione per prendere a bersaglio certe categorie di armi e i loro possessori, ricordando come di fatto i popoli d'Europa non facciano distinzione tra Commissione, Consiglio e Parlamento quando si parla di Unione Europea, e come dunque il passaggio di restrizioni arbitrarie finirebbe per alienare le simpatie di un gran numero di cittadini.
Campionessa IPSC in Svezia e per l'intera Scandinavia nelle categorie Rifle e Shotgun nel 2016, arrivata alle vette del suo sport in pochi anni, la svedese 45enne Pia Clerté ha voluto illustrare le basi della sua disciplina, il turo dinamico, ad una platea composta anche di europarlamentari spesso a digiuno di nozioni al riguardo.
Pia Clerté ha ricordato come il tiro IPSC sia quello che più verrebbe penalizzato da qualsiasi restrizione in fatto di tipologie di armi e di caricatori, tanto da minacciarne la sopravvivenza in Europa a breve termine se venissero approvate restrizioni di qualsiasi tipo – e le esenzioni previste per i tiratori sportivi avrebbero un effetto mitigatore veramente minimo, date anche le implicazioni sul trasporto delle armi entro e fuori i confini dei Paesi membri per la partecipazione alle competizioni e alla disponibilità di parti di ricambio.
Pia Clerté ha rivolto agli europarlamentari un accorato appello a porre fine a quella che ha definito “una farsa”, per focalizzarsi sui veri problemi – quelli derivanti dal traffico illecito.
Il silenzio dell'industria
Il silenzio dell'industria armiera europea sulla faccenda sinora è stato a dir poco assoluto; forse gli operatori del settore sottovalutano il rischio, o forse pensano di poter salvare la loro fetta di mercato con qualche accordo politico.
Sebbene operatori e rappresentanti del settore fossero presenti tra il pubblico, l'unico ad intervenire è stato Antonio Bana, Presidente di Assoarmieri, che ha espresso la speranza che il processo legislativo abbia culmine a breve senza l'introduzione di restrizioni e in modo da porre fine all'incertezza normativa sia a livello UE che nei singoli Paesi membri.
Purtroppo, la puntualizzazione del Presidente Bana è parsa fuori contesto agli occhi dei presenti, in quanto il suo intervento si è focalizzato più che altro sui rischi per le repliche di armi storiche ad avancarica: una preoccupazione sicuramente legittima, visto che la direttiva impatterebbe anche sulle repliche di armi storiche (assurdo), ma non certo prioritaria rispetto alla necessità di difendere il mercato di tutte le armi sportive moderne oggi inquadrate nella Categoria B7, perché è da queste che dipende oggi la salute economica del mercato stesso.
Che piaccia o no, le armi attualmente inquadrate nella categoria B7 sono le più vendute, e generano valore per tutto il mercato: fabbricanti, distributori, armerie, campi di tiro. Attaccando le B7 e riducendo il numero di colpi nei caricatori, la Commissione Europea raggiungerebbe immediatamente lo scopo: l'annientamento del mercato.
I piani della Commissione Europea porterebbero alla rovina di un settore da cui dipendono oltre un milione di posti di lavoro in tutt'Europa. La grande industria riuscirebbe probabilmente a sopravvivere, ma il dinamismo delle piccole e medie imprese verrebbe spazzato via.
L'industria avrebbe la forza per sostenere il confronto con i piani distruttivi della Commissione Europea, ma invece resta in silenzio e non sostiene nemmeno coloro che il confronto lo stanno attuando. Una strategia suicida.
Non è più il tempo di speculare, ma di agire uniti.
O di sostenere economicamente chi agisce
Conclusioni energiche
Tomasz W. Stępień – presidente pro-tempore di Firearms United, a cui è stato lasciato l'onore del discorso di chiusura – non ha voluto lasciare nulla di non detto in quello che probabilmente è stato l'intervento più acceso del convegno.
Mentre a causa dell'ideologia del Politically Correct i possessori d'armi restano l'unica categoria sociale che non è protetta dagli attacchi, i Leader politici antiarmi perseguono ostinatamente la loro agenda arroccati su una torre d'avorio protetta da guardie armate.
Il disarmo della popolazione rende le nostre città tanto insicure da costringere i governi a farle presidiare dalle Forze Armate, mentre sempre maggiori restrizioni al possesso e all'uso legale di armi vengono suggerite con l'appoggio di "esperti" quale il belga Jean-Luc Stassen, direttore del Banco di Prova di Liegi, disarmista a parole e recentemente arrestato per aver rivenduto sul mercato nero trecento armi da fuoco che avrebbe dovuto distruggere.
Qualsiasi soluzione diversa da un rigetto totale di qualunque proposta restrittiva, ha avvisato Stępień – finirebbe soltanto per imporre oneri agli Stati membri che difficilmente sarebbero applicabili senza un disastroso spreco di risorse finanziarie e umane che dovrebbero essere invece investite sulla lotta ai traffici illeciti; e l'unico risultato sarebbe portare quasi duecento milioni di cittadini europei a sostenere i movimenti politici che oggi auspicano la distruzione dell'Unione Europea come la conosciamo. Una possibilità tutt'altro che pellegrina, dato che la popolarità delle istituzioni europee presso i cittadini degli Stati membri è ai minimi storici.
E se chi si oppone ai progetti restrittivi della Commissione Europea è un "antieuropeista, estremista, razzista, pazzoide, fissato con le armi, malvagio, stupido, retrogrado", forse chi prende le decisioni dovrebbe tener conto dell'azzeccatissimo paragone di Stępień tra il comportamento della Commissione Europea verso i possessori d'armi del continente e quello verso i sostenitori di Donald Trump che è costato a Hillary Clinton la sconfitta alle elezioni presidenziali USA poche settimane fa.
LEGGI: Note conclusive di Firearms United / di Tomasz Stępień
Il parere di GUNSweek.com
Nel 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale,
la città tedesca di Norimberga ha ospitato un processo.
Il suo scopo principale era la condanna definitiva,
in tutto il mondo e per sempre,
di qualsiasi tipo di "punizione collettiva"
Le punizioni collettive furono definite crimini contro l'umanità, e in virtù di ciò gli esponenti nazisti che le avevano messe in pratica furono condannati a morte.
Il processo di Norimberga fu l'inizio di una nuova Europa – ma quella stessa Europa sembra oggi aver dimenticato i suoi stessi fondamenti storici.
Oggi, nel 2016 la principale istituzione dell'Europa unita, la Commissione Europea, sta cercando di attuare proprio questo – una punizione collettiva – nei confronti dei possessori legittimi d'armi di ventisette Paesi per crimini che non sono stati neppure commessi da membri di tale gruppo.
E la cosa peggiore è che l'ipotesi di tale punizione collettiva viene in effetti discussa, anche se in termini edulcorati, anziché essere trattata per quello che è e in quanto tale gettata immediatamente nel cestino – a voler essere delicati.
Ma se la Commissione Europea sperava di cavalcare l'onda lunga dei bagni di sangue di Parigi del 2015 per porre in atto un'agenda politica che era pronta da anni, essa deve oggi guardare in faccia la realtà: l'unica cosa che è riuscita a fare è compattare il mondo dei possessori d'armi di tutt'Europa in un fronte unico, che non ha alcuna intenzione di cedere più di un passo su quelli che dovrebbero essere i suoi diritti legittimi, che è diventato un interlocutore ufficiale per le istituzioni di tutt'Europa e che ha portato la lotta a casa delle stesse élite che ci vorrebbero disarmati.
Non sarà ancora la NRA europea sognata da tanti, ma di certo rappresenta l'embrione da cui nascerà qualcosa che avrà un'importanza strategica per il nostro mondo nei decenni a venire.
Che piaccia o meno ai politici e ai burocrati disarmisti, l'unione dei possessori d'armi in Europa ormai è una realtà. Ed è qui per restare. Come ha dichiarato Stephen Petroni: si tratta di una lotta contro un'agenda politica – non di tecnicismi di sorta – che dev'essere combattuta con le unghie e con i denti, o non ci sarà un domani.